Beirut (Libano), 13 mar. (LaPresse/AP) – Continua la crisi in Siria, con la repressione del dissenso che secondo l’Onu ha causato la morte di almeno 7.500 persone. Oggi le forze del presidente Bashar Assad hanno ripreso la città di Idlib, nel nord del Paese, dopo un assedio durato tre giorni. Lo ha annunciato il quotidiano al-Watan, vicino al governo di Damasco. Idlib è rimasta sotto controllo dei ribelli per tre mesi, ma con l’ultima offensiva cade nelle mani del governo e del suo esercito. Nei giorni scorsi alcuni attivisti e abitanti della città avevano lanciato l’allarme, riferendo che i soldati disertori passati all’opposizione stavano finendo le munizioni, mettendone in crisi la resistenza. Molti temono che l’offensiva dell’esercito a Idlib finirà come la campagna contro i ribelli nel quartiere Baba Amr di Homs, bombardato e assediato dall’esercito per quasi un mese prima di essere ripreso il primo marzo.
Intanto, oggi Human rights watch (Hrw) ha denunciato che le truppe hanno minato le strade utilizzate dai siriani per fuggire in Turchia. L’organizzazione ha precisato che le mine sono state piazzate nelle ultime settimane, basandosi su informazioni di sminatori e testimoni. Secondo questi ultimi, molti civili hanno già perso la vita a causa degli ordigni. Secondo l’ultimo dato, fornito oggi dalle Nazioni unite, sono 230mila i siriani fuggiti dall’inizio delle violenze nel Paese, un anno fa. Panos Moumtzis, coordinatore per la Siria dell’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, ha precisato che 30mila persone sono già scappate in Turchia, Libano e Giordania. “Tutti i giorni – ha aggiunto – centinaia di persone attraversano il confine per recarsi in uno dei Paesi vicini”. Parlando ai giornalisti a Ginevra ha spiegato che, secondo la Mezzaluna rossa araba siriana, almeno 200mila persone si sono spostate all’interno dei confini.
Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni unite e della Lega araba per la Siria che nel fine settimana ha incontrato il presidente Assad, ha detto di aspettarsi oggi dal regime la risposta ad alcune proposte su come porre fine alle violenze. “Quando avremo ricevuto la loro risposta, sapremo come reagire”, ha detto Annan, che si trova in Turchia. L’ex segretario generale dell’Onu ha incontrato ad Ankara Burhan Ghalioun, a capo del Consiglio nazionale siriano, il principale gruppo all’opposizione. “Tutto il mondo – ha affermato Annan – si unisce a noi per lavorare per risolvere questa situazione e spero che con buona volontà e determinazione faremo progressi”. “Le uccisioni e le violenze – ha dichiarato – devono finire. Il popolo siriano ha sofferto molto e si merita qualcosa di meglio”. Ghalioun ha dichiarato: “Alcuni Paesi hanno promesso armi all’opposizione siriana. Stiamo correndo contro il tempo, l’obiettivo principale è trovare una soluzione politica e diplomatica. Ma, se questo non succede, allora questi Paesi manterranno la loro promessa e offriranno aiuto all’opposizione”.
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