Kabul (Afghanistan), 12 mar. (LaPresse/AP) – I talebani hanno promesso vendetta contro gli Stati Uniti, a seguito della strage compiuta da un soldato americano nel sud dell’Afghanistan nella notte tra sabato e domenica, in cui sono stati uccisi 16 civili. In una dichiarazione pubblicata sul loro sito web, scrivono che i “selvaggi americani” hanno commesso il “crimine inumano e insanguinato” nel distretto di Panjwai e promettono alle famiglie delle vittime di fare vendetta “per ogni singolo martire con l’aiuto di Allah”.
Secondo le prime ricostruzioni di ieri, un soldato statunitense è uscito intorno alle 3 di notte dalla sua base nella provincia di Kandahar, ha fatto irruzione in alcune case dei villaggi Alkozai e Balandi e ha sparato sulle persone inermi. Tra le 16 vittime ci sono tre donne e 9 bambini. I corpi sono anche stati bruciati, gesto che ha aumentato la rabbia in Afghanistan, perché violare i cadaveri è considerato oltraggioso dai musulmani. Ieri è arrivata la dura condanna del presidente afghano Hamid Karzai, che ha parlato di “omicidio intenzionale di civili che non può essere perdonato”. Il presidente Barack Obama gli ha telefonato nella serata di ieri, ha poi fatto sapere la Casa Bianca in una nota, per esprimere le condoglianze ma soprattutto per assicurare che i responsabili saranno perseguiti. Oggi anche il cancelliere della Germania Angela Merkel, in visita alle truppe tedesche nel Paese, ha chiamato Karzai, per dirsi dispiaciuta e assicurare che la Nato farà di tutto per porre rimedio ai danni creati.
E oggi è arrivata la dura risposta dei talebani, che promettono vendetta. Nel timore di rappresaglie, il portavoce delle forze Isaf nel Paese, il brigadiere generale Carsten Jacobson, ha annunciato che le misure di sicurezza nel Paese sono state aumentate, in quella che ha definito una procedura standard. L’ambasciata Usa a Kabul ha messo in guardia i cittadini americani nel Paese, temendo che possano essere coinvolti in vendette. Sinora, però, la situazione resta calma. L’allerta è alta anche a causa del precedente creato dalle reazioni al rogo di libri sacri all’Islam avvenuto il mese scorso fuori dalla base americana di Bagram. Nelle violente proteste che si sono scatenate in tutto il Paese hanno perso la vita 30 persone, tra cui sei soldati statunitensi.

