Pechino (Cina), 7 mar. (LaPresse/AP) – “Alcuni suicidi sono commessi da religiosi che ritornano alla vita laica e tutti loro hanno precedenti penali o sono stati coinvolti in attività sospette. Hanno una reputazione molto cattiva nella società”. Lo ha deto Wu Zegang, l’amministratore del governo cinese nella città di Aba, a proposito dei tibetani che si sono dati fuoco in protesta contro le politiche di Pechino nella loro terra d’origine. Secondo Wu, si tratta di una pratica “orchestrata e sostenuta” dal Dalai Lama e dai gruppi che chiedono l’indipendenza del Tibet. Prima di darsi il fuoco, ha spiegato, questo persone hanno gridato “indipendenza per il Tibet e altri slogan volti a dividere la nazione”. Molti dei manifestanti che si sono dati fuoco negli ultimi mesi erano legati a un monastero buddista situato nella prefettura di Aba, nella provincia del Sichuan.
Il Dalai Lama ha elogiato il coraggio delle persone che si sono date fuoco e ha attribuito la responsabilità per questi incidenti al “genocidio culturale” portato avanti dalla Cina in Tibet. Ma il leader spirituale dei tibetani ha anche sottolineato che non incoraggia nessuno a compiere un gesto simile, notando che questo tipo di protesta potrebbe invitare Pechino ad aumentare le repressioni. Le autorità cinesi stanno cercando di presentare i tibetani che compiono il gesto estremo come criminali o persone malate di mente. Durante un incontro della delegazione tibetana all’annuale Congresso nazionale del popolo a Pechino un giornalista ha chiesto se secondo i leader della regione anche il Dalai Lama dovrebbe darsi fuoco. “Non importa chi lo faccia, si tratta di un atto disumano e immorale”, ha risposto il governatore del Tibet, Padma Choling. “Se il Dalai Lama si dà fuoco – ha aggiunto – sono affari suoi e la cosa non mi riguarda, ma indipendentemente da chi si tratti io non lo sostengo. La vita è preziosa. Non spero che qualcuno si tolga la vita dandosi fuoco. Qual è il punto?”.
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