Tripoli (Libia), 16 feb. (LaPresse) – Le milizie armate in Libia commettono gravi abusi per cui restano impunite, alimentando l’insicurezza e pregiudicando la ricostruzione delle istituzioni statali. Lo sostiene Amnesty International a un anno dall’inizio delle rivolte, nel nuovo rapporto “Le milizie minacciano le speranze di una nuova Libia”. Vi documenta gravi abusi, tra cui detenzioni illegali, violente torture e omicidi sui sospetti lealisti del colonnello Muammar Gheddafi, commessi da parte di una moltitudine di milizie fuorilegge. Migranti e rifugiati africani inoltre, spiega il rapporto, sono stati presi di mira, mentre intere comunità sono state costrette alla fuga, senza che le autorità siano mai intervenute per evitarlo.
A gennaio e febbraio 2012, una delegazione di Amnesty International ha visitato 11 strutture detentive usate da varie milizie nella Libia centrale e occidentale. In 10 di questi centri, i detenuti hanno denunciato di essere stati torturati, mostrando le ferite riportate. Parecchi hanno detto che, per far cessare le torture, hanno dovuto confessare stupri, omicidi e altri crimini mai commessi. Dal settembre 2011, almeno 12 persone detenute sono morte per tortura. I loro corpi erano ricoperti di ematomi, ferite e tagli e ad alcuni erano state strappate le unghie.
Persone detenute nella capitale Tripoli e nei suoi dintorni, a Gharyan, Misurata, Sirte e Zawiya hanno raccontato ad Amnesty International di essere state picchiate per ore con fruste, cavi, tubi di plastica, catene, sbarre metalliche e bastoni di legno e di essere state sottoposte a scariche elettriche mediante elettrodi e congegni simili alle pistole taser. In un centro di detenzione di Misurata, un delegato di Amnesty International ha visto i miliziani picchiare e minacciare alcuni detenuti di cui era stato ordinato il rilascio. In strutture d’interrogatorio di Misurata e Tripoli il gruppo ha anche incontrato detenuti che i miliziani avevano tentato di nascondere e che erano stati brutalmente torturati.
L’organizzazione denuncia che nessuna indagine è mai stata svolta sui casi di torture, anche se hanno portato a morte, né su altri gravi abusi, tra cui esecuzioni extragiudiziali e l’uccisione di 65 persone i cui corpi sono stati ritrovati il 23 ottobre in un albergo di Sirte che serviva da base per i combattenti dell’opposizione provenienti da Misurata. Le autorità libiche, continua il rapporto, non hanno intrapreso alcuna azione neanche nei confronti di quelle milizie che hanno costretto alla fuga intere comunità, un crimine di diritto internazionale. Le milizie di Misurata hanno espulso l’intera popolazione di Tawargha, circa 30mila persone, migliaia di appartenenti alla tribù mashashya sono stati espulsi da Zintan, nei monti Nafusa, e altre comunità sfollate si trovano tuttora in campi di fortuna in Libia. “L’impunità totale concessa alle milizie lancia il messaggio che abusi del genere sono tollerati e contribuisce a trasformarli in pratiche accettate. I responsabili devono essere processati e rimossi dai loro ruoli, altrimenti ripeteranno le loro azioni”, ha dichiarato Donatella Rovera, ricercatrice di Amnesty International.
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