Caracas (Venezuela), 2 dic. (LaPresse/AP) – “Stiamo condannando a morte la dottrina Monroe”. Così, in poche parole, il presidente del Nicaragua Daniel Ortega, ha commentato la nascita della Comunità degli Stati latino-americani e caraibici, che si celebra oggi e domani in un summit di due giorni a Caracas. Ortega ha fatto eco al padrone di casa, il presidente venezuelano Hugo Chavez, secondo cui è giunto il tempo per l’America Latina e i Caraibi di garantire che la politica statunitense di intervento dell’area, dichiarata dal presidente James Monroe nel 1823, non tornerà in vita. “Questo – aveva detto Chavez ieri – è il risultato dopo duecento anni di battaglia. Qui era stata imposta la dottrina Monroe: l’America agli americani, ossia agli Yankee. Hanno imposto il loro volere per duecento anni, ma ora è abbastanza”.

Sono 33 i leader dei Paesi latino-americani e caraibici, dall’Argentina alle Bahamas, ad essersi riuniti a Caracas per il vertice che segna la nascita del nuovo blocco internazionale. Unici esclusi di tutto il continente americano sono Usa e Canada. “E’ tempo di avere un forum che sia più nostro, più vicino alla nostra realtà, senza un’influenza a favore del Nordamerica”, ha dichiarato oggi il presidente dell’Ecuador Rafael Correa. La Celac, ha detto invece nel discorso di apertura il presidente messicano Felipe Calderon, sarà un gruppo “per lavorare a favore dell’unità e della prosperità”. Lo scorso anno il Messico ospitò il vertice durante il quale i leader latinoamericani si accordarono per dare vita al nuovo blocco. Alcuni oppositori di Chavez, tra cui piccoli gruppi di studenti universitari, hanno appeso cartelli di protesta sui cavalcavia della capitale.

Il presidente venezuelano ha di nuovo preso la parola oggi, davanti all’affollata platea, per ridabire la necessità di una America latina unita. “Solo l’unità ci renderà liberi. Questa è la strada: unità, unità, unità”, ha detto Chavez nel suo discorso di apertura, applaudito dal pubblico. Il leader venezuelano ha quindi urlato: “Viva Bolivar!”, in riferimento all’eroe dell’indipendenza del XIX secolo, che sognava l’unità di gran parte dell’America Latina. All’apertura del summit, Chavez ha abbracciato uno per uno i capi di Stato presenti, ha tenuto un discorso sugli sforzi per ridurre la povertà, e ha letto passaggi di alcuni scritti di Bolivar e di ‘Cent’anni di solitudine’ di Gabriel Garcia Marquez.

Quello di oggi è il debutto di Chavez in un evento pubblico dopo mesi di cure per il cancro, malattia che lo aveva costretto a posticipare il meeting, inizialmente fissato per luglio. Parlando della sua lotta contro il tumore, Chavez ha detto che a salvargli la vita è stato Fidel Castro, il quale ha insistito che si sottoponesse agli esami medici durante una visita a Cuba a giugno. Chavez avrebbe voluto ugualmente tenere il summit a luglio ma Castro, ha riferito oggi il presidente venezuelano, gli disse: “Scegli, o il summit o la tua vita. Il summit può aspettare”. Dopo l’operazione per rimuovere il tumore, Chavez si è sottoposto alla chemioterapia fino a settembre, in seguito alla quale ha detto di essersi liberato dal cancro. Oggi a Caracas i leader presenti lo hanno omaggiato con una standing ovation, dopo il suo in bocca al lupo all’ex presidente brasiliano Lula, a sua volta affetto dal cancro. “Anche Lula – ha detto Chavez – vincerà la sua battaglia”. Dopo la cerimonia di apertura, il governo del Venezuela ha omaggiato i leader con un concerto dell’Orchestra sinfonica giovanile Simon Bolivar, diretta da Gustavo Dudamel.

Presente tra gli altri anche il presidente cubano Raul Castro che in questi giorni ha definito il summit della Celac “l’evento più importante degli ultimi duecento anni”. Nel suo discorso di apertura il pensiero è però andato al lider maximo, il fratello Fidel: “Mi dispiace che non ci sia Fidel a occupare il posto in cui mi trovo io ora, poiché è lui quello che se lo merita”.

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