Kuala Lumpur (Malesia), 10 lug. (LaPresse/AP) – Le autorità malesi hanno cercato oggi di rispondere alle critiche di repressione del dissenso da parte del governo, dopo i 1.667 arresti nelle proteste di ieri e i gas lacrimogeni sparati contro almeno 20mila dimostranti scesi in strada per chiedere riforme elettorali. Il ministro dell’Interno Hishammuddin Hussein ha detto che i manifestanti hanno cercato di “creare il caos nel Paese ed essere arrestati per delineare l’immagine di un governo crudele”.
La ricaduta politica dopo quanto accaduto ieri a Kuala Lumpur complicherà tuttavia gli sforzi della coalizione di governo del primo ministro Najib Razak per rafforzare il sostegno in vista delle elezioni generali che molti si aspettano entro un anno. L’opposizione ha denunciato gli arresti come un tentativo di impedire lo svolgimento della dimostrazione, dato che poi tutte le persone sono state liberate senza accuse. Amnesty International ha definito gli eventi “la peggiore campagna di repressione mai vista in Malesia da anni”; per Human Rights Watch si è trattato di “un vortice di fabbricazione governativa”.
Najib ha detto che la manifestazione era illegale ed era stata preceduta da ripetuti avvertimenti. Il suo Fronte Nazionale è tuttavia al potere da 54 anni e secondo l’opposizione la repressione vuole contribuire a garantire un nuovo mandato dopo la scadenza di metà 2013. La giornata di protesta era stata organizzata da gruppi civici sostenuti dall’alleanza di tre partiti guidata dal leader dell’opposizione Anwar Ibrahim. Chi vi ha preso parte chiedeva liste elettorali pulite, misure più rigorose per reprimere le frodi durante il voto e la par condicio sui media.
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