A lanciare l'allarme è Confcommercio. La premier Meloni: "Coinvolgere molte più donne"

I lavoratori sono merce sempre più rara: solo nel 2023, per turismo e commercio, sono circa 230mila i posti che potrebbero rimanere scoperti ed è sempre più alto il rischio che trovare addetti qualificati sia non solo difficile, ma proprio impossibile. La carenza di personale è, a tutti gli effetti, un’emergenza nazionale che rende necessaria una corretta gestione dei flussi migratori. A lanciare l’allarme è il 22esimo Forum di Confcommercio, presentando un report elaborato dall’Ufficio Studi, che fotografa una problematica di lungo corso: negli ultimi quattro anni si sono persi 260 mila potenziali lavoratori e, allargando il campo agli ultimi dodici anni, il numero di posti di lavoro rimasto scoperto – contando anche gli stranieri – sale a 600mila, relativi in particolare alla fascia tra i 18 e i 30 anni, cioè “i più occupabili” osserva il direttore, Mariano Bella.

È evidente quindi che il mercato del lavoro abbia “bisogno di lavoratori immigrati”, afferma il presidente Carlo Sangalli, ricordando che lo stesso Def riporta l’effetto positivo dell’immigrazione sull’offerta di lavoro e sottolineando che questa è una ragione in più “per governare i flussi migratori e lavorare tanto sul terreno dell’accoglienza quanto su quello dell’integrazione”, di concerto con l’Ue. Ma la soluzione del governo al problema della mancanza di manodopera sembra essere molto diversa, puntando al rafforzamento del lavoro femminile e a politiche di stimolo alla natalità e non, invece, sui flussi migratori, su cui al contrario intende imprimere una significativa stretta con le modifiche al dl Cutro, approdato in Senato senza l’ok della Commissione Affari costituzionali per l’ostruzionismo delle opposizioni che hanno fatto fronte comune, presentando centinaia di emendamenti. A chi le chiede se questo possa far mancare lavoratori, la premier Giorgia Meloni, dalla fiera del Mobile a Milano, risponde: “sarebbe corretto se non ci fossero altre soluzioni possibili. Io però penso che prima di arrivare al tema immigrazione si debba lavorare per esempio sulla possibilità di coinvolgere molte più donne nel nostro mercato del lavoro. Poi c’è il tema di incentivare la natalità. Credo siano queste le priorità sulle quali lavorare e quelle su cui il governo lavora”.

Intanto il terziario – che dal 1995 a oggi, mentre tutti i grandi aggregati produttivi hanno perso occupati, ha generato 2,7 milioni di posti di lavoro – sta vivendo “una vera e propria emergenza rappresentata dalla carenza di personale”, ribadisce Sangalli, facendo presente che solo nella filiera turistica e del commercio quest’anno serviranno 560 mila lavoratori in più dell’anno scorso. Di questi, avverte il presidente, “il 40% potrebbero essere introvabili per mancanza di competenze”. Bisogna creare nuova occupazione, partendo dalla crescita – più lenta secondo Confcommercio rispetto a quanto stima il governo nel Def – e dalla produttività. Accanto, la necessità di costruire “un compiuto sistema di politiche attive, utile per favorire l’incontro tra domanda e offerta”, che nel nostro Paese “sconta ancora un considerevole ritardo”, ammonisce Sangalli, guardando con favore al cambio di passo che imprimerebbe la riforma delle politiche per il lavoro delineata dal Pnrr. Lo stesso Piano è un capitolo centrale per la confederazione: le contingenze sono mutate, l’aumento di inflazione e prezzi impongono una revisione e si deve “fare di tutto per ridurre i ritardi politici, amministrativi ed operativi e realizzare gli interventi strategici e capaci di produrre effetti positivi durevoli, in particolare nel Mezzogiorno, per costruire una crescita più robusta e duratura”.

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