La relazione annuale del governatore di Bankitalia: "Addossare all'Ue le colpe del nostro disagio è un errore; non porta alcun vantaggio e distrae dai problemi reali"
"L'Italia dia la colpa all'Europa per la sua situazione economica di "disagio". Così il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nelle Considerazioni finali alla relazione annuale. "Addossare all'Europa le colpe del nostro disagio è un errore, non porta alcun vantaggio e distrae dai problemi reali. Saremmo stati più poveri senza l'Europa, lo diventeremmo se dovessimo farne un avversario".
"L'appartenenza all'Unione Europea – ha continuato il numero uno di Bankitalia – è fondamentale per tornare su un sentiero di sviluppo stabile: è il modo che abbiamo per rispondere alle sfide globali poste dall'integrazione dei mercati, dalla tecnologia, dai cambiamenti geopolitici, dai flussi migratori. La crescita istituzionale dell'Europa ha accompagnato quella economica di tutti i paesi del continente: ha aperto un mercato più ampio alle imprese e ai consumatori, reso disponibili maggiori fondi a sostegno delle aree svantaggiate, facilitato la cooperazione in campi strategici, garantito un quadro di stabilità monetaria".
E così come non si deve incolpare l'Europa, non si deve incolpare neanche l'euro: la debolezza della crescita dell'Italia degli ultimi 20 anni non è stata causata dall'euro, che semmai ha "abbattuto quella tassa occulta" che colpiva famiglie e imprese con l'elevata inflazione: la bassa crescita si spiega piuttosto con i ritardi e le debolezze strutturali proprie dell'Italia. Visco ha ricordato come agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso l'inflazione fosse vicina al 20 per cento "e ancora intorno al 5 nella prima metà del decennio successivo".
"Poi si è portata al 2 per cento nel biennio che ha preceduto l'introduzione dell'euro ed è rimasta in media su quel livello fino a pochi anni fa; il più recente rischio di deflazione è stato scongiurato con le misure di politica monetaria messe in atto dal 2014" ."La moneta unica – ha spiegato – ha reso duraturo l'abbattimento di una tassa occulta che riduceva il potere d'acquisto delle famiglie e costringeva il Paese a ricorrenti svalutazioni del tasso di cambio, con benefici temporanei per alcune imprese e costi per la collettività".
Assieme ai rischi di inflazione e di cambio valutario sono anche scesi i tassi di interesse sui titoli di Stato e quelli sui prestiti a famiglie e imprese. "La debolezza della crescita dell'Italia negli ultimi vent'anni non è dipesa né dall'Unione europea né dall'euro. Quasi tutti gli altri Stati membri hanno fatto meglio di noi. Quelli che oggi sono talvolta percepiti come costi dell'appartenenza all'area dell'euro sono, in realtà, il frutto del ritardo con cui il Paese ha reagito al cambiamento tecnologico e all'apertura dei mercati a livello globale. La specializzazione produttiva in settori maturi ha esposto l'economia alla concorrenza di prezzo di quelle emergenti. Le esitazioni nel processo di riduzione degli squilibri nei conti pubblici hanno compresso i margini per le politiche volte alla stabilizzazione macroeconomica e a innalzare durevolmente la crescita"."Sta a noi maturare la consapevolezza dei problemi e affrontarli, anche con l'aiuto degli strumenti europei. Altri hanno saputo farlo in modo efficace", ha aggiunto il governatore.
Visco ricorda anche che un rallentamento più significativo dell'economia potrebbe far salire il debito pubblico al di sopra dei livelli previsti dal governo M5S-Lega: "Come riconosciuto anche nel Def il rallentamento congiunturale tende ad accrescere il disavanzo pubblico per l'anno in corso. L'aumento dell'incidenza del debito sul Pil potrebbe superare quello indicato nei programmi del governo (pari a quasi mezzo punto percentuale), che scontano incassi da privatizzazioni per circa 18 miliardi (un punto percentuale del Pil)".
Il numero uno di via Nazionale auspica una strategia rigorosa che tenda alla sua riduzione: "L'elevato rapporto tra debito pubblico e Pil rimane un vincolo stringente; per allentarlo non si può ritardare nel definire una strategia rigorosa e credibile per la sua riduzione nel medio termine". D'altronde, "rispetto all'area dell'euro, da noi il costo del debito è più elevato e la crescita economica più bassa" e "quando il divario tra costo del debito e crescita economica è positivo occorre un avanzo primario anche solo per stabilizzare il debito; più ampio è il divario, maggiore è l'avanzo necessario".
Visco sottolinea anche che con "il deficit non si cresce", e punta sulla necessità che si dia spazio non a sussidi ma a stimoli produttivi. "Limitarsi alla ricerca di un sollievo congiunturale mediante l'aumento del disavanzo pubblico può rivelarsi poco efficace, addirittura controproducente qualora determini un peggioramento delle condizioni finanziarie e della fiducia delle famiglie e delle imprese. Il rischio di un'espansione restrittiva non è da sottovalutare; l'effetto espansivo di una Manovra di bilancio può essere più che compensato da quello restrittivo legato all'aumento del costo dei finanziamenti per lo Stato e per l'economia".
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