Roma, 1 ago. (LaPresse) – La pressione fiscale dei Comuni è aumentata di oltre il 22% nel triennio 2011-2014. E’ quanto emerge dalla Relazione della Corte dei Conti sulla finanza locale. In particolare, si è passati dai 505,50 euro pro capite del 2011 ai 589,4 del 2012, ai 544,6 del 2013, fino ai 618,4 dell’anno scorso. “La tenuta della capacità di entrata del comparto si realizza con aumenti della pressione fiscale locale molto accentuati e ascrivibili alla necessità di conservazione degli equilibri in risposta alle severe misure correttive adottate dal governo centrale“, spiega la Corte. “Questa sostanziale distorsione nella programmazione del prelievo ha generato una pressione fiscale ai limiti della compatibilità con le capacità fiscali locali”, si legge ancora nella relazione dell’organismo contabile.
In via generale, spiega la Corte, i livelli massimi di riscossione tributaria pro capite si registrano nei Comuni di fascia alta (con oltre 249.000 abitanti, i cui valori sono pari ad 881,94 euro per abitante, e quelli che vanno da 60.001 a 249.000 abitanti, con 694,69 euro per abitante). Seguono i Comuni della fascia più bassa (da 1 a 1.999 abitanti) con 628,80 euro per abitante.
I Comuni hanno subito tagli per circa 8 miliardi tra il 2010 e il 2014, compensati da “aumenti molto accentuati” delle tasse locali “per conservare l’equilibrio in risposta alle severe misure correttive del governo”. Oggi il peso del fisco è “ai limiti della compatibilità con le capacità fiscali locali”, sottolinea la Corte. “Per bilanciare la riduzione dei trasferimenti correnti dallo Stato, gli enti locali hanno inasprito la pressione fiscale grazie, peraltro, a una disciplina del patto di stabilità interno ancorata al criterio dei saldi finanziari, mentre le Regioni, non potendo azionare la leva fiscale in mancanza di sufficienti spazi finanziari concessi dal patto per spese aggiuntive, hanno compresso le funzioni extra-sanitarie e sacrificato, soprattutto, le spese di investimento”, spiega la Corte. “Il radicarsi di un meccanismo distorsivo, per cui il concorso degli enti locali agli obiettivi di finanza pubblica pesa, in ultima istanza, sul contribuente in termini di aumento della pressione fiscale, trova origine nei pesanti e ripetuti tagli alle risorse statali disposti dalle manovre finanziarie susseguitesi dal 2011, cui fa eco il cronico ritardo nella ricomposizione delle fonti di finanziamento della spesa, necessaria per garantire servizi pubblici efficienti ed economici”, si legge ancora nella relazione.
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