Singapore, 13 lug. (LaPresse/Reuters) – Qualsiasi accordo sul nucleare venisse raggiunto dall’Iran con l’Occidente potrebbe inondare un mercato del petrolio, già saturo, di altro greggio. I prezzi, secondo gli esperti, potrebbero tornare anche ai livelli visti durante il picco della crisi finanziaria nel 2008/2009, o poco sotto. Un eventuale accordo allenterebbe infatti le sanzioni imposte a Teheran in cambio di ‘lacci’ al programma nucleare iraniano.

L’Iran, che è membro dell’Opec, è una delle nazioni con le maggiori riserve petrolifere. Prima che i Paesi occidentali applicassero le sanzioni contro le sue ambizioni nucleari, esportava quasi 3 milioni di barili al giorno, cifra scesa a 1 milione negli ultimi due anni e mezzo. Per tornare a grandi esportazioni, sarebbe comunque necessario del tempo.

“Possono aggiungere circa 200mila barili, che non è un volume significativo”, ha dichiarato Nick Sharma, manager direction della società di consulenza Ihs, stimando in 18 mesi il periodo necessario perché l’Iran possa aggiungere un altro milione di barili.

Mentre l’Institute of Energy Economics affiliato al governo giapponese ha reso noto che, in caso di accordo, la produzione di petrolio potrebbe crescere di 700-800mila barili entro la seconda metà del 2016. Secondo le stime, un modesto incremento delle risorse a disposizione si aggiungerebbe comunque all’eccesso di 2,6 milioni di barili di greggio prodotto ogni giorno rispetto alla domanda globale.

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