Roma, 23 apr. (LaPresse) – “E’ una sentenza molto importante perché finalmente l’Ue conferma quello che in molti già sapevamo, ovvero che il contratto di somministrazione e quello a tempo determinato sono due cose diverse”. Così Giampiero Falasca, partner dello studio legale Dla Piper e membro della Gi Group Academy, commenta la sentenza di qualche giorno fa della Corte di Giustizia Ue, che ha stabilito che i limiti alla reiterazione dei contratti a tempo determinato, la cui violazione comporta il diritto all’assunzione a tempo indeterminato in capo al lavoratore, non si applicano “né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice”.

Falasca spiega che in Italia “spesso la sommistrazione e il contratto a termine vengono equiparati, perché c’è una tendenza dei giudici a cercare una regola diretta nelle norme sui contratti a tempo determinato se ne manca una specifica per quelli interinali”. Ad esempio, sottolinea l’esperto del lavoro, “la causale, che è un requisito del contratto a termine, viene richiesta anche per la somministrazione”. Tuttavia Falasca precisa che si tratta di “cose diverse” perché “quando parliamo di sommistrazione ex lavoro interinale c’è un professionista, ovvero l’agenzia, che si fa carico del lavoratore supportandolo e assistendolo, mentre nel contratto a termine il lavoratore è lasciato solo”. Ora, aggiunge ancora Falasca, “il principio dovrà essere declinato dalla legge italiana e cambieranno gli occhiali che indosseranno i giudici per le loro sentenze”. Il contratto a termine e quello di somministrazione a livello Ue sono regolati da direttive differenti, rispettivamente la 70 del 1999 e la 104 del 2008.

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