New Orleans (Louisiana, Usa), 15 nov. (LaPresse/AP) – BP ha confermato l’accordo raggiunto con le autorità statunitensi sulla sanzione penale per il disastro nel Golfo del Messico del 2010. La compagnia petrolifera britannica pagherà in totale la cifra record di 4,5 miliardi di dollari. In una nota BP spiega che l’accordo è soggetto all’approvazione della corte federale Usa. Nell’ambito dell’intesa, la compagnia petrolifera si dichiara colpevole di undici capi d’accusa per negligenza o colpa legati alle 11 vittime dell’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, che ha portato alla fuoriuscita di petrolio, di un capo di imputazione per non aver rispettato il Clean Water Act e di un’altra accusa relativa al Migratory Bird Treaty Act. Inoltre, BP si dichiara colpevole del capo d’accusa di ostruzione al Congresso. “Crediamo – ha detto Carl-Henric Svanberg, presidente della compagnia petrolifera – che questa risoluzione sia nel migliore interesse di BP e dei suoi azionisti. Rimuovere due significativi rischi legali ci permette di difendere energicamente l’azienda contro le restante cause civili”.
BP pagherà una multa mai onorata prima negli Stati Uniti per un disastro ambientale, superando nettamente il precedente record del 1989, quando Exxon Valdez fu sanzionata per 1 miliardo di dollari (1,8 miliardi ai valori attuali) per una fuoriuscita di petrolio. Considerate tutte le sanzioni penali a gruppi privati da parte del governo Usa, in termini nominali la maggior multa inflitta finora era stata quella alla casa farmaceutica Pfizer, da 1,2 miliardi di dollari, comminata nel 2009.
Il 20 aprile del 2010, 50 miglia a largo delle coste della Louisiana, la piattaforma Deepwater Horizon è esplosa uccidendo 11 persone e rilasciando in mare circa 206 milioni di galloni di petrolio grezzo, uccidendo la fauna e impedendo la pesca commerciale per ampi tratti del Golfo del Messico. A seguito di vari tentativi falliti i tecnici sono riusciti ad arrestare il flusso di petrolio dopo 85 giorni, il 15 luglio 2010. Oltre a BP, il governo statunitense e gli avvocati di parte civile hanno citato in giudizio Transocean, propietaria della piattaforma, e il gruppo Halliburton. Il giudice distrettuale di New Orleans, Carl Barbier, è stato incaricato di sovraintendere alle decine di richieste giudiziarie dopo l’esplosione. Pur fissando la data del processo, Barbier ha deciso successivamente per un rinvio in modo da permettere a BP di trovare un accordo con gli avvocati dei pescatori, dei proprietari di immobili, dei gruppi ambientalisti, delle strutture turistiche e di tutti gli altri che hanno sostenuto di aver subito perdite economiche a causa del disastro. Barbier ha dato la sua approvazione preliminare alle intese già raggiunte, ma ha rinviato a gennaio la decisione sulle altre domande, tra cui ci sono le richieste avanzate dal governo Usa e dagli stati che si affacciano sul Golfo. BP ha a sua volta fatto causa a Transocean chiedendo danni per 40 miliardi di dollari. La compagnia petrolifera britannica deve inoltre affrontare le richieste di istituzioni finanziarie, casinò e ippodromi e compagnie di assicurazioni che non partecipano al tentativo di accordo con BP e che hanno subito ulteriori danni dalla moratoria alle trivellazioni imposta da Washington in seguito al disastro. Nel 2011 una commissione presidenziale ha stabilito che la fuorisciuta è stata causata dai ritardi e dalla volontà di non aumentare i costi dell’emergenza di BP, Halliburton e Transocean. Il gruppo britannico ha detto più volte che intende assumersi la propria parte di responsabilità e ha invitato le altre società coinvolte a fare lo stesso.
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