È morto Sebastião Salgado, il fotografo aveva 81 anni

È morto Sebastião Salgado, il fotografo aveva 81 anni
Sebastiao Salgado nel 2014. Il celebre fotografo è morto all’età di 81 anni

Noto per il suo lavoro documentaristico e per il suo stile visivo in bianco e nero, ha vinto praticamente tutti i premi di settore al mondo

Il famoso fotografo Sebastião Salgado è morto oggi, venerdì, all’età di 81 anni. Noto per il suo lavoro documentaristico e per il suo caratteristico stile visivo in bianco e nero, ha ricevuto praticamente tutti i principali premi fotografici al mondo. La notizia della morte è stata confermata dall’istituto Terra da lui fondato, ma senza fornire ulteriori dettagli sulle circostanze del decesso né sul luogo in cui è avvenuto. “Sebastião era più di uno dei migliori fotografi del nostro tempo“, ha dichiarato l’Instituto Terra in un comunicato. “Il suo obiettivo ha rivelato il mondo e le sue contraddizioni; la sua vita ha portato con sé il potere di un’azione trasformativa”. La vita e il lavoro di Salgado sono stati raccontati nel documentario ‘Il sale della terra’ (2014), co-diretto da Wim Wenders e dal figlio Juliano Ribeiro Salgado.

La carriera e lo stile di Sebastiao Salgado

Nato nel 1944 nel villaggio di Conceição do Capim, nel Minas Gerais, Salgado lascia la sua carriera di economista dopo un viaggio in Africa. Quell’esperienza cambia il corso della sua vita, spingendolo a dedicarsi alla fotografia e a diventare uno dei più influenti documentaristi. Realizza un reportage sulla siccità del Sahel (cui ne segue un altro sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa) e da lì la sua carriera prende il volo. Ha viaggiato nei luoghi più remoti e spesso inaccessibili del mondo, documentando con straordinaria sensibilità ingiustizie sociali, guerre e migrazioni. Ha oltrepassato confini e mostrato la realtà dei lavoratori rurali, dei rifugiati, delle popolazioni indigene e dei territori a rischio. Il suo stile inconfondibile coniugava emozione, riflessione e forte appeal estetico. Il tutto con lirismo e con un forte senso di denuncia. E sempre con una padronanza della luce naturale e ispirata. Tutto il percorso di Salgado può definirsi essenzialmente un’opera. E allo stesso modo, anche i libri di e su di lui possono tranquillamente definirsi ‘monumenti’. Insieme alla sua compagna di vita, Lélia Deluiz Wanick Salgado, ha seminato speranza dove c’era devastazione. E soprattutto ha fatto fiorire l’idea che il ripristino ambientale sia anche un profondo gesto d’amore per l’intera umanità.

Negli anni ’90, Salgado visse un periodo di profonda crisi. Dopo aver documentato le atrocità del genocidio in Ruanda decise di ritirarsi dalla fotografia documentaristica per dedicarsi ad altri tipi di progetti. Quell’esperienza devastante lo lasciò profondamente segnato e si ritirò nel ranch di famiglia in Brasile, dove con sua moglie avviò un ambizioso progetto ambientale, piantare alberi per ripristinare la foresta pluviale, disboscata negli anni per favorire il pascolo degli animali e vendere legname. L’impegno verso l’ambiente si è riverberato nel suo successivo lavoro fotografico, ‘Genesis’, un omaggio alla purezza del pianeta, che ha sempre voluto difendere mostrandone le piaghe. Salgado scattava nel modo tradizionale, usando pellicola fotografica in bianco e nero e una fotocamera da 35 mm: strumenti portatili e poco ingombranti. È nota la sua preferenza per le macchine Leica, in virtù della qualità dei loro obiettivi. Particolarmente attento alla resa dei toni della stampa finale, Salgado applicava uno sbiancante con un pennello per ridurre le ombre troppo intense.

Nel 2014 il figlio di Salgado, di nome Juliano Ribeiro Salgado, con Wim Wenders dirige il documentario ‘Il sale della terra’, che ritrae le opere del fotografo brasiliano. Il film documentario ottiene una candidatura ai premi Oscar 2015. Il 30 dicembre 2018, in Italia, il film è stato trasmesso dalla Rai. Una vita, un film, uno scatto eterno su un uomo che ha colorato le anime di passione con foto solo in bianco e nero.

Sebastiao Salgado, i suoi lavori più importanti

Laureato in economia e con un master conseguito presso l’Università di San Paolo e la Sorbona, Salgado ha realizzato i suoi primi servizi fotografici con una Leica durante viaggi di lavoro in Africa. Tre anni dopo, determinato a dedicarsi esclusivamente alla sua passione, Salgado lasciò l’incarico di segretario dell’Organizzazione Internazionale del Caffè e si specializzò come fotoreporter indipendente. Con sede a Parigi, ha lavorato per prestigiose agenzie fotografiche come Sygma e Gamma, prima di entrare a far parte di Magnum.

Nel 1981 un incidente cambiò la vita del fotografo. Salgado stava documentando i primi 100 giorni del governo di Ronald Reagan quando il presidente americano fu vittima di una sparatoria a Washington. Le immagini scattate da Salgado fecero il giro del mondo e, con i proventi ricavati dalle vendite ai giornali, riuscì a finanziare un viaggio in Africa, dove avrebbe realizzato il suo primo progetto originale. Il suo primo libro, ‘Outras Américas’, del 1986, ha segnato un ritorno alle origini, documentando il paesaggio geografico e umano delle città della costa brasiliana e di paesi come Bolivia, Cile, Perù, Ecuador, Guatemala e Messico. “Il mio unico desiderio era tornare nella mia amata terra, nel mio Brasile dal quale un esilio un po’ forzato mi aveva costretto ad allontanarmi”, dichiarò all’epoca il fotografo. Riunendo lavori fotografici realizzati tra il 1977 e il 1983, l’opera mostra le condizioni di vita dei contadini e la resistenza culturale dei popoli indigeni latinoamericani. Nel 1994 Salgado tornò a vivere a Parigi con la moglie Lélia. Per rappresentare il suo lavoro e garantirne il controllo, fondò la propria agenzia di stampa, As Imagens da Amazônia. Il suo lavoro più monumentale è ‘Exodus‘, pubblicato nel 2000 e risultato di sei anni di ricerca sui movimenti migratori della fine del XX secolo e sugli spostamenti di massa dovuti a guerre, persecuzioni, fame, povertà o disastri ambientali. Acclamata a livello internazionale, l’opera ha contribuito al dibattito pubblico sugli effetti della globalizzazione sui diritti umani e sulla disuguaglianza globale.

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