Sul caso del delitto di Chiara Poggi a Garlasco e sul coinvolgimento di Andrea Sempio, oggi torna a parlare l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, dopo le ultime notizie riportate da Panorama e La Verità secondo cui ‘Il pm Venditti voleva arrestare Sempio 20 giorni dopo invece lo fece archiviare”.
L’ex pm: “Scoperta l’acqua calda”
“E’ una prassi comune a tutti gli inquirenti, tutti ma dico tutti i pm d’Italia”, fa sapere Venditti in riferimento alla richiesta al gip di Pavia del 22 febbraio 2017, durante la prima indagine su Sempio, di ritardare il deposito delle intercettazioni con la formula: “in quanto devono essere ancora completate le richieste di misura coercitiva a carico degli indagati”. L’ex magistrato in pensione, indagato dalla Procura di Brescia per corruzione in atti giudiziari, bolla la notizia come la “scoperta dell’acqua calda. L’ennesima”.
“Nelle inchieste sui reati più gravi – afferma Venditti – si ritarda il deposito delle intercettazioni adottando nella richiesta di autorizzazione al Gip una motivazione che lasci aperte tutte le porte e non pregiudichi qualsivoglia futura iniziativa”. L’ex procuratore aggiunto di Pavia ricorda “bene” di aver scritto quella frase e “la successiva approfondita valutazione degli elementi raccolti”. “Gli esiti di Brescia”, afferma con riferimento alla decisione, presa a gennaio 2017 dalla Corte d’appello di Brescia, di respingere la prima istanza di revisione del processo ad Alberto Stasi (una seconda più articolata verrà respinta nel 2020) e “il coordinamento” con la stessa “Procura Generale” di Milano che attraverso la sostituta Pg, Laura Barbaini, aveva invitato il 17 gennaio una nota in cui ribadiva come non ci fosse alcun elemento a carico di Sempio per l’omicidio di Chiara Poggi “ci hanno convinti della insussistenza di elementi a carico dell’indagato“.
Venditti usa il plurale perché la richiesta di archiviazione depositata il 16 marzo 2017 (non il 15 marzo come erroneamente riportano i recenti decreti di perquisizione e sequestro a suo carico) è stata firma sia da lui che dall’allora pm Giulia Pezzino e dall’allora Procuratore di Pavia, Giorgio Reposo.
Le ricostruzioni sui fatti del 2017
Ricostruendo quanto sarebbe avvenuto nel 2017, La Verità citando Panorama scrive: “Venditti e la collega Giulia Pezzino ‘propongono richiesta di archiviazione al Gip’. Scrivono anche che, dopo appena otto giorni, il gip Fabio Lambertucci, ‘accogliendo pienamente le osservazioni poste nella richiesta dei pm, emette decreto di archiviazione’. Ovviamente per i magistrati non è vietato prosciogliere un sospettato. Ma Panorama ha scoperto che, in questa decisione, c’è davvero qualcosa che lascia perplessi, nonostante Venditti abbia più volte dichiarato di aver impiegato 21 secondi per capire che in quell’inchiesta non c’era ciccia. Infatti, due mesi dopo l’apertura del fascicolo, il 23 febbraio 2017, succede qualcosa di particolarmente strano. Gli inquirenti, in un atto inviato al giudice, si dicono pronti non ad archiviare, bensì ad arrestare ‘gli indagati’. Peccato che appena 20 giorni dopo si rimangeranno tutto e chiederanno il proscioglimento”.
Secondo Panorama e La Verità “i pm, venti giorni prima dell’istanza di archiviazione, chiedono al gip di poter tenere coperte le proprie carte perché non hanno terminato di scrivere le proposte di arresto. Ma davvero quelle istanze erano in fase di stesura? E se lo erano, che cosa ha portato i magistrati a decidere un dietrofront così repentino? Se, invece, non era così, perché i pm hanno dato false informazioni al giudice e chiesto di ritardare il deposito delle captazioni? Che cosa giustificava tale mossa?”. E ancora: “A settembre, Spoto, a verbale, ha raccontato che avrebbe trascritto le intercettazioni solo parzialmente ‘perché il dottor Venditti disse che gli servivano subito per fare l’archiviazione’. E non per richiedere un’ordinanza cautelare. Un punto fermo c’è: l’autorizzazione del gip al rinvio del deposito”.

