Omicidio Diabolik, dopo 6 anni mistero sui mandanti. Dai pentiti nuovi scenari investigativi

Omicidio Diabolik, dopo 6 anni mistero sui mandanti. Dai pentiti nuovi scenari investigativi
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Chi ha voluto la morte di Diabolik? Quali interessi aveva una figura così ingombrante nel panorama criminale della Capitale?

Sei anni. Tanti ne sono passati da quel 7 agosto del 2019, quando Fabrizio Piscitelli, conosciuto come Diabolik, ex capo degli Irriducibili della Lazio e figura di spicco del sottobosco criminale romano, fu freddato con un colpo alla testa mentre sedeva su una panchina del Parco degli Acquedotti, nel quartiere Tuscolano di Roma. Un omicidio-simbolo, considerato da investigatori e magistrati come uno spartiacque nelle dinamiche del crimine organizzato romano, tra vecchie alleanze e nuovi equilibri, da gestire.

L’unico condannato è Raoul Esteban Calderon

In occasione dell’anniversario dell’omicidio, che cadrà dopodomani, resta ferma solo una certezza: l’ergastolo inflitto ad Aleandro Musumeci, alias Raoul Esteban Calderon, il killer solitario identificato e processato. Ma il mistero sui mandanti dell’omicidio resta ancora irrisolto. Chi ha voluto la morte di Diabolik? Quali interessi aveva una figura così ingombrante nel panorama criminale della Capitale?

L’unico imputato finora, Musumeci, è stato condannato all’ergastolo dalla Terza Corte d’Assise di Roma nell’aula bunker del carcere di Rebibbia. Una condanna arrivata dopo anni di indagini complesse, rese ancora più difficoltose dalla falsa identità fornita dall’imputato, risultato poi inesistente per le autorità argentine.

È stata una rogatoria dell’Antimafia romana a smascherarne la reale identità: nato a Buenos Aires nel 1970, con un passato ancora tutto da chiarire. Ma nonostante la condanna, i giudici non hanno riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso.

Una decisione che ha lasciato l’amaro in bocca ad Angela Piscitelli, sorella della vittima, che dopo la lettura delle sentenza di condanna del killer aveva commentato: “In questa città si fa sempre fatica a riconoscere il metodo mafioso. Basta leggere le carte. Mio fratello non doveva finire in un’urna, ma forse in carcere. Ora vogliamo giustizia, tutta la verità”. Ora, però, si aprono nuovi scenari.

I nuovi scenari

Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (attualmente al vaglio della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma — ndr) potrebbero riscrivere la verità sui mandanti. Tra le piste investigative al centro dell’attenzione, ci sarebbero le rivalità nate tra le diverse consorterie criminali attive nella Capitale in quegli anni, tra Camorra, ndrangheta, clan autoctoni e gruppi emergenti stranieri, in un contesto in cui Piscitelli rappresentava un equilibrio instabile e sempre più difficile da gestire per gli interessi milionari in ballo con il traffico di cocaina. Prossimamente si aprirà anche un nuovo processo, a carico di Musumeci, alias Calderon, con l’accusa di aver fornito una falsa identità.

Intanto, le indagini sull’omicidio restano comunque ‘aperte’, proprio nella parte che riguarda i mandanti e il movente reale del delitto. Ma chi avrebbe ordinato la morte di Diabolik? E quale sarebbe stato il movente? Un colpo alla nuca, sparato in pieno giorno, in mezzo a un parco pubblico tra la gente che faceva jogging non è solo un omicidio, ma anche un messaggio e un atto per ristabilire il potere in una città come Roma, dove i confini tra criminalità comune, ultras, droga e mafia si sono fatti negli anni sempre più labili.

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