È iniziato questa mattina davanti al giudice dell’udienza preliminare Roberto Crepaldi, a Milano, il nuovo capitolo giudiziario legata al caso di Alessia Pifferi, la 39enne condannata in primo grado all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi Diana.
Al centro del procedimento, ci sarà però la presunta rete di favoreggiamento che, secondo il procuratore Francesco De Tommasi, avrebbe contribuito ad aiutare Pifferi a sviare le indagini e il processo, fingendo di essere affetta da ritardo cognitivo per evitare l’ergastolo: tra queste la legale Alessia Pontenani, il consulente psichiatrico Marco Garbarini, le specialiste del carcere San Vittore, Paola Guerzoni e Letizia Marazzi e altre due professioniste, Federica Martinetti e Maria Fiorella Gazale.
Le ipotesi di reato sono di favoreggiamento, false dichiarazioni all’autorità giudiziaria, falsa testimonianza, falso in atto pubblico e falso commesso da incaricati di pubblico servizio.
La condanna all’ergastolo per Alessia Pifferi
La corte d’Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, nella primavera 2024 ha condannato Alessia Pifferi all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, 18 mesi, lasciandola sola in casa per sei giorni, dal 14 al 20 luglio 2022. La decisione dopo circa due ore e mezza di camera di consiglio. La pubblica accusa aveva chiesto l’ergastolo, mentre la difesa aveva domandato l’assoluzione dall’accusa di omicidio sostenendo che la donna non avesse intenzione di uccidere la figlia. Aveva dunque chiesto di qualificare il fatto nella diversa fattispecie di reato di ‘abbandono di minore’.

