La struttura 'Casa dei Coniugi' era andata a fuoco il 6 luglio 2023 causando la morte di sei persone
L’impianto anti-incendio della Rsa ‘Casa per Coniugi’ di Milano era guasto da circa due anni e le “uniche misure adottate” per dare l’allarme erano delle “trombette” “da azionare a mano” in caso di fiamme. Lo scrive la Procura di Milano nell’avviso di conclusioni delle indagini per omicidio e incendio colposi nell’inchiesta sul disastro della struttura andata a fuoco il 6 luglio 2023: il bilancio era di sei morti e decine di feriti.
L’impianto di rilevazione incendi non funzionava parzialmente dall’agosto 2020 e totalmente dal novembre 2021. Le trombette di allarme erano di fatto “inservibili” perché fissate “al muro con nastro adesivo” e staccabili solo con “strumenti da taglio”. L’unico addetto alla portineria in orario notturno, nel contratto d’appalto siglato dalla Proges società cooperativa solo tre giorni prima del disastro, era un uomo “non formato in materia di prevenzione incendi” e a cui era stata “affidata anche l’attività di vigilanza” in due diverse strutture con “disposizioni confuse e contradditorie”.
Incendio Rsa ‘Casa dei Coniugi’: in 5 verso il processo
Quattro dirigenti della Proges rischiano il processo per l’incendio alla Rsa. La pm di Milano Maura Ripamonti e l’aggiunta Tiziana Siciliano hanno notificato l’avviso di conclusioni indagini preliminari alla direttrice della struttura, presidente e vicepresidente del consiglio di amministrazione e direttore generale della cooperativa con ipotesi a vario titolo di omicidio plurimo e incendio colposo e violazioni del testo unico sulla sicurezza sul lavoro. La società è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. L’atto prelude a una richiesta di rinvio a giudizio. La Procura ha stralciato la posizione di alcuni dirigenti del Comune di Milano e ne chiederà l’archiviazione.
In particolare le accuse sono di aver omesso di riparare o installare un nuovo impianto di rilevazione dei fumi all’interno della Rsa, sistemi per “lo spegnimento automatico” delle fiamme e altri dispositivi di “estinzione” delle fiamme o per il “salvataggio” e il “soccorso contro disastri e infortuni” che avrebbero potuto ridurre i danni letali.
L’incendio è partito dalla stanza 605 al primo piano dove una paziente, poi deceduta, ha fumato una sigaretta con ossigenoterapia in corso. Sigarette e accendini non erano vietati nella Rsa. Inoltre la Procura contesta un “numero” troppo basso di operatori rispetto a quello dei “pazienti” che erano “allettati” o con difficoltà di “deambulazione”, in alcuni casi attaccati all’ossigeno, e delle “dimensioni” della struttura. Lo scarso personale presente non era formato sulla “localizzazione dei pazienti” e le loro “condizioni di salute”. I quattro manager indagati e la cooperativa, difesi dagli avvocati Mirko Mazzali, Stefano Delsignore, Andrea Soliani, Andrea Sergio Ghiretti e Luca Sirotti, ora hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o depositare memorie.
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