Delitto Garlasco, trovato un martello nel canale. Mercoledì blitz dei carabinieri a casa di Andrea Sempio

La scoperta nel canale di Tromello durante le ricerche dell'arma con cui è stata uccisa Chiara Poggi

Un martello sarebbe stato trovato nel canale di Tromello durante le ricerche di carabinieri e vigili del fuoco per individuare l’arma con cui è stata uccisa Chiara Poggi a Garlasco. Lo riferisce la trasmissione tv ‘Chi l’ha visto’. 

Blitz dei carabinieri a Garlasco

Tutto è iniziato ieri mattina con il blitz dei carabinieri a casa di Andrea Sempio, dei genitori e di due amici, Mattia Capra e Roberto Freddi, nella nuova inchiesta per l’omicidio di Chiara Poggi. Le perquisizioni disposte dal Procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, con l’aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano sono partite all’alba.

I militari del Nucleo investigativo di Milano diretti dal comandante Antonio Coppola si sono recati a Voghera nella casa del 38enne indagato per la terza volta e sempre archiviato, a Garlasco nell’abitazione di padre e madre di Sempio e in quelle di due amici del fratello della vittima, Marco Poggi, ai quali era già stato prelevato “materiale biologico” da utilizzare nell’incidente probatorio al via venerdì.

Sempio in caserma a Milano per recuperare cellulare

Andrea Sempio nel pomeriggio di oggi, giovedì 15 maggio, si è recato nella caserma dei carabinieri Montebello a Milano e vi è uscito dopo oltre un’ora. L’uomo, accompagnato dalla madre e dall’avvocata Angela Taccia, uscito da un ingresso secondario per evitare i giornalisti, era in caserma per recuperare il telefono cellulare sequestrato nell’indagine a suo carico per l’omicidio di Chiara Poggi.

I campioni biologici

Fra meno di 48 ore la gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, conferirà ai periti della polizia di Stato, Denise Albani e Domenico Marchigiani, il compito di confrontare i “campioni biologici e reperti” mai analizzati sulle unghie di Chiara Poggi con il profilo genetico di Sempio, dell’ex fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni come unico autore del femminicidio, e di altri uomini della “famiglia Poggi” o che “frequentavano abitualmente” la villetta di via Pascoli dove il 13 agosto 2007 la 26enne fu trucidata con un oggetto contundente dal bordo tagliente.

Il gip è lo stesso che condannò il depistaggio nelle indagini sulla bicicletta

Il dna di Andrea Sempio è nelle mani della gip che condannò il depistaggio nelle indagini sul delitto di Garlasco: quello sulla bicicletta nera mai sequestrata per 7 anni fino al 2014. Episodio per cui è stato condannato il comandante della locale stazione carabinieri, il maresciallo Francesco Marchetto, intervistato varie volte negli ultimi mesi sui ‘misteri’ dell’omicidio di Chiara Poggi. È uno dei tanti corsi e ricorsi di una storia lunga quasi 18 anni, dove si incrociano i nomi di indagati e sospettati ma anche quelli di investigatori, pm e magistrati. È il caso della giudice di Pavia, Daniela Garlaschelli. Da venerdì mattina sarà lei a gestire l’incidente probatorio per la maxi consulenza genetica sul dna di Sempio, di Alberto Stasi e altri uomini.

È la stessa gip che il 23 settembre 2016 ha condannato per falsa testimonianza a 2 anni e mezzo di reclusione e a risarcire la famiglia Poggi il carabiniere Marchetto per aver mentito nel primo processo ad Alberto Stasi nel 2009, quello in cui l’ex fidanzato di Poggi fu assolto dal gup Stefano Vitelli. Con le sue dichiarazioni Marchetto avrebbe influito “sulla decisione, deviando il corso dall’obiettivo dell’autentica e genuina verità processuale” e con i “comportamenti” tenuti prima e dopo quella deposizione avrebbe gettato “ombre” sul suo “operato”. 

L’arma del delitto mai trovata

Proprio sull’arma del delitto, mai ritrovata, si sono concentrate le altre ricerche della giornata di ieri. Indiscrezioni hanno parlato di ricerche su un attizzatoio da camino di casa Poggi, sebbene le sentenze di condanna a Stasi abbiano indicato come più probabile un “martello da muratore” o una “forbice da sarto” e la madre della 26enne uccisa, Rita Poggi, abbia dichiarato che “l’attizzatoio non manca e non è mai mancato” dalla loro casa.

Giudice che assolse Stasi: “Arma non è il martello dei Poggi”

Il probabile martello con cui è stata uccisa Chiara Poggi “non sarebbe chiaramente compatibile” con quello di cui denunciò la scomparsa il padre della vittima, Giuseppe Poggi, il 14 luglio 2008 dopo aver verificato “attentamente” nella propria casa e in garage gli oggetti mancanti. È quanto scrisse nel 2009 il gup di Vigevano, Stefano Vitelli, nella sentenza con cui assolse in primo grado Alberto Stasi dall’accusa di omicidio per non aver commesso il fatto. Sentenza confermata dal primo appello, poi annullata con rinvio dalla Cassazione fino alla condanna dell’appello bis a 16 anni, diventata definitiva nel 2015. Il martello indicato dai Poggi come scomparso e ora al centro della nuova inchiesta della Procura di Pavia dopo il ritrovamento di un attrezzo simile nel canale dragato ieri a Tromello nei pressi della ex villa della nonna delle sorelle Cappa, non aveva “le caratteristiche di alcune delle lesioni riscontrate” sulla 26enne uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, si legge in sentenza. All’individuazione come arma del delitto di un “martello da muratore” con una “massa battente da un parte ed una specie di lama che termina come uno scalpello dall’altra” si era giunti attraverso una perizia disposta dal giudice Vitelli. Perizia che lo aveva individuato come “lo strumento più probabile”. 

Di avviso diverso erano stati i consulenti Pierucci-Ballardini del pubblico ministero Rosa Muscio. In fase di indagine avevano parlato di “uno strumento ‘pesante’ vibrato più volte con notevole forza”. Un mezzo “dotato anche di un filo piuttosto tagliente e/o di una punta acuminata” perché l’autopsia aveva riscontrato “lesioni più da punta e da taglio che non propriamente contusive” come quelle alle “palpebre superiori” e alla mascella destra. Durante il processo, con una memoria depositata in fase di perizia, parlarono di una “forbice da sarto” che se usata con “opportuna velocità” avrebbe potuto provocare la “frattura cranica, lacerazione encefalica e morte” partendo dal “presupposto logico” che l’arma impiegata fosse una sola. I periti nominati dal giudice non esclusero questa possibilità ma la trovarono poco plausibile per due motivi: uno legato alla difficile “maneggiabilità di una forbice da sarto” che non avendo un “manico lungo e pesante” come nei martelli “non riesce agevolmente ad imprimere una forza molto efficace”. Il secondo per la presenza di una frattura cranica sulla testa di Chiara Poggi “isolata” e diversa dalle altre che presenta una “linea retta che poi si spezza creando una sorta di ‘scalino'”. Lesione che “evoca l’azione di un oggetto che abbia uno spigolo tagliente ed una certa massa, come il bordo di un oggetto con una superficie quadrata con la presenza di spigoli e che può battere obliquamente”. La tesi del probabile “martello da muratore”, pur senza aver mai ritrovato l’arma, venne mantenuta dai giudici di tutti i successivi gradi di giudizio, sia nelle sentenze di assoluzione che di condanna per Stasi. 

Le gemelle Cappa

Paola e Stefania Cappa, cugine di Chiara Poggi

Uomini dell’arma e vigili del fuoco hanno battuto un canale nella zona di Tromello, piccolo comune confinante con Garlasco, nei pressi della ex villetta di proprietà della nonna delle gemelle Paola e Stefania Cappa, cugine di Chiara Poggi.

I testimoni

Intendono dragare i fondali di un tratto di roggia dopo averla prosciugata alla ricerca dell’arma. A indirizzarli su questa strada ci sarebbe un ignoto ‘supertestimone‘, intervistato due mesi fa da Le Iene in un video poi acquisito dagli inquirenti, che ha dichiarato di aver visto quella mattina una ragazza gettare un oggetto in un canale. Testimonianza che si salderebbe con una seconda, resa da un soggetto considerato dai giudici (incluso il gup Stefano Vitelli che assolse Stasi in primo grado nel 2009) inattendibile e confusa.

E’ quella di Demontis Muschitta che il 27 settembre 2007 dichiarò ai carabinieri che tra le 9.30 e le 10 del 13 agosto, percorrendo una traversa di via Pascoli, aveva visto “una ragazza con i capelli biondi a caschetto e con gli occhiali da sole indosso” su una “bicicletta nera da donna” con in “mano un piedistallo tipo da camino di colore grigio”. In un racconto “confuso e contraddittorio” anche rispetto alla data di questo avvistamento e di fronte alle domande sul perché avesse riferito una circostanza così importante a oltre un mese dall’omicidio, prima disse che la ragazza era “sicuramente la cugina bionda di Chiara Poggi” e poi di “essersi inventato tutto il racconto”. Finì anche indagato per calunnia.

Irritati gli avvocati e la famiglia Poggi

Una serie di ‘misteri’ lunghi quasi 20 anni che fanno irritare gli avvocati di Sempio e della famiglia Poggi. A casa del 38enne non sarebbe stato “trovato nulla di rilevante” o “riconducibile” al delitto, spiega l’avvocata Angela Taccia che con il collega Massimo Lovati assiste Sempio. “Non cercavano nulla di preciso perché il decreto di perquisizione è molto, molto generico”. Le legale chiarisce anche che Sempio “non ha mai nemmeno conosciuto le gemelle Cappa” e quindi non si comprende come possa esistere un collegamento eventuale con loro, ad ogni modo non mai inquisite in 17 anni.

Per i difensori della famiglia Poggi invece la Procura di Pavia sta “valorizzando ipotesi stravaganti” che ricevono una “immediata diffusione sugli organi di stampa” e lo fa “ignorando quanto accertato in un giusto processo”: quello a Stasi, dove il 41enne è stato condannato sulla base di tutta una serie di elementi, come il paio di scarpe marca Frau numero 42 che combaciano con le impronte sulla scena del crimine, o l’aver omesso di indicare una bicicletta nera da donna nella sua disponibilità, peraltro non sequestrata all’epoca dall’ex comandante dei carabinieri di Garlasco, il maresciallo dei carabinieri Francesco Marchetto (poi condannato per falsa testimonianza).

Francesco Compagna, legale del fratello Marco Poggi, afferma che la famiglia “è rimasta ancora una volta basita per quanto sta accadendo” e che se anche “il nostro ordinamento attribuisce alle Procure un amplissimo potere in fase di indagini” non per questo “gli inquirenti possono collocarsi al di sopra della giurisdizione” o di sentenze passate in giudicato.

Per Compagna “il rispetto per le persone coinvolte in una così tragica vicenda, e ora nuovamente esposte a sofferenze indicibili, richiederebbe a nostro avviso un maggior rigore nella valutazione dei dati probatori e nella tutela della riservatezza degli eventuali accertamenti ritenuti opportuni”. Linea condivisa con lo storico legale dei Poggi, Gian Luigi Tizzoni, che in giornata ha smentito alcune notizie apparse sulla stampa e cioè di aver lavorato all’epoca dei fatti come avvocato per il padre delle sorelle Cappa, Ermanno Cappa. “Mai lavorato per lui – ha detto – perché all’epoca non aveva nemmeno uno studio, era il legale interno ad una banca e io non ho mai lavorato in banca”.