Il termine fu coniato nel 2003 da Legambiente per indicare un territorio compreso tra Napoli e Caserta
Discariche abusive, abbandono incontrollato di rifiuti urbani e speciali, spesso dati anche alle fiamme con conseguenti rischi per la salute. E dietro la mano criminale dei clan di camorra, su tutti quello potentissimo dei Casalesi. È il fenomeno della Terra dei fuochi, nome coniato per la prima volta da Legambiente nel 2003 per indicare il territorio a cavallo tra le province di Napoli e Caserta particolarmente interessato dall’interramento e dai roghi di rifiuti tossici, un’area che comprende 90 comuni, 56 nel Napoletano e 34 nel Casertano compresi i due capoluoghi, per una popolazione esposta di oltre 3 milioni di abitanti.
Il fenomeno che ha avuto il suo apice tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, venuto alla luce grazie alle denunce delle associazioni ecologiste e alle inchieste condotte dal gruppo della Criminalpol guidato dal poliziotto Roberto Mancini. È stato lui il primo ad intuire il legame tra lo sversamento illegale di rifiuti speciali e tossici e le attività della camorra in quel territorio che si stava esponendo sempre più a un preoccupante rischio sanitario. Mancini pagherà con la vita il suo impegno, morendo nel 2014 a causa di una malattia incurabile contratta proprio a causa del contatto ravvicinato con i rifiuti tossici.
I riflettori sul fenomeno della Terra dei fuochi sono stati accesi ulteriormente con la diffusione delle dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, che ai magistrati ha svelato le dinamiche del traffico di rifiuti tossici dalle regioni del Nord alle discariche abusive del Napoletano e del Casertano, e l’attenzione che lo scrittore Roberto Saviano ha dedicato al fenomeno nel suo best seller “Gomorra”.
Dal 2011 in poi la Direzione distrettuale antimafia di Napoli coordina diverse inchieste sui casi di criminalità ambientale tra Napoli e Caserta, nelle quali trova conferma il ruolo del clan dei Casalesi nel traffico illecito di rifiuti, realizzato con l’aiuto e la collaborazione di imprenditori e professionisti collusi. Emerge la figura dell’avvocato Cipriano Chianese, soprannominato il “re delle ecomafie” e considerato il principale intermediario tra le aziende e il clan per la realizzazione dello smaltimento illegale di rifiuti tossici.
Riconosciuto in particolare responsabile del disastro ambientale legato alla discarica ex Resit di Giugliano in Campania, una vera e propria “bomba ecologica” nella quale confluivano rifiuti tossici senza alcun controllo, Chianese è stato condannato a 18 anni di reclusione con sentenza confermata dalla Cassazione nel 2021. Parallelamente alle inchieste giudiziarie è stata svolta un’intensa attività di sorveglianza epidemiologica della popolazione residente nell’area, con l’obiettivo di accertare il rischio per alcune patologie nei comuni maggiormente interessati dalla presenza di discariche.
I dati principali sono contenuti nel rapporto conclusivo dell’indagine eseguita dall’Istituto superiore di sanità nei comuni del circondario della Procura di Napoli Nord, presentato nel 2021, dal quale emerge che il territorio è interessato dalla presenza di oltre 2.700 discariche controllate o abusive di rifiuti, anche pericolosi, e che oltre 350mila abitanti, pari al 37% della popolazione, risiedono entro 100 metri da almeno un sito. Nei comuni maggiormente impattati dai rifiuti sono stati riscontrati dati significativamente più alti in relazione all’incidenza del tumore della mammella, alle ospedalizzazioni per asma, e ancora prevalenza di malformazioni congenite e incidenza di leucemie.
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