Gherardo Zaccagni controllava attraverso prestanome 35 diverse società

“Quando faranno lo stadio, dovranno venire. Non sarà tra 2, 3, 4 anni ma fra 5 o 6 anni quando lo stadio lo faranno, perché lo faranno, dovranno andare da qualche c***o di posto a mettere le macchine. E allora lì a quel punto si devono augurare di aver cambiato la società perché sennò li faccio pagare 10mila euro a posto auto“. È il 24 luglio 2020 quando l’imprenditore Gherardo Zaccagni, il ‘re’ dei parcheggi di San Siro arrestato e messo ai domiciliari nell’inchiesta ‘Doppia Curva’ sul tifo organizzato di Milan e Inter, espone intercettato quella che i pm di Milano chiamano la sua “strategia imprenditoriale”. Sta puntando al nuovo stadio di proprietà dei club e il ricco business dei parcheggi. In quel momento il progetto delle squadre prevede quasi 28mila metri quadrati di superficie da destinare a parcheggi per 70 milioni di euro di investimento. Il 53enne indagato, che controllerebbe attraverso prestanome 35 diverse società di parcheggi, è “risentito” nei confronti di alcuni dirigenti dell’Inter che a suo dire lo stanno ostacolando nel programma di diventare il “monopolista” dei parcheggi sull’area per avvantaggiare altre aziende. Dice al suo interlocutore che l’Inter pagherà “10mila euro a posto auto” e il “Milan 500”. “Diranno ‘ma come?’ Sì perché siete dei pezzi di m***a”. Il suo piano con il nuovo impianto di proprietà prevede di sfruttare a suo vantaggio “l’apertura dei cantieri per il nuovo stadio” che in quella fase sembra certa e la “riduzione dei parcheggi” per applicare un prezzo “punitivo”. “Questo qua – afferma parlando di un manager dell’Inter con potere di firma – ci farà morire fino a marzo-aprile quando faranno il cantieramento. Io la prima cosa che faccio vado da Marotta e gli dico ‘guardi è tre anni che il suo uomo si è comportato così con noi, guardi che siamo proprietari di là, veda lei cosa vuol fare”. 

Dallo stadio ai supermarket, 35 società fantasma dei parcheggi

Una girandola di 35 società di gestione parcheggi e autorimesse da centinaia di migliaia di euro fra San Siro e Brera, intestate a prestanome, e collegate fra di loro. Sono attive nella gestione dei posti auto di Carrefour (viale Brenta a Milano, Bergamo, Firenze Prato e Roma), negli stadi di Milano, Monza e Cremona o la gestione di personale di altre aziende. Ecco la galassia dell’imprenditore milanese Gherardo Zaccagni, svelata dall’inchiesta di polizia di stato e guardia di finanza sulle curve di Milan e Inter che il 30 settembre ha portato all’arresto, nel giorno successivo al suo 53esimo compleanno. Personalmente risponde di possesso e fabbricazione di documenti falsi, accesso abusivo a sistema informatico e corruzione fra privati nei confronti del consigliere regionale Manfredi Palmeri che avrebbe agevolato, all’epoca nel ruolo di manager della M-I Stadio srl (la concessionaria del Meazza partecipata di Milan e Inter), le società di Zaccagni in cambio di 20mila euro e il quadro ‘Duomo, Milano’ dell’artista cinese Liu Bolin. Ma per la Procura di Milano attorno alla figura di Zaccagni si giocavano “le pretese del tifo organizzato” sui “parcheggi intorno allo stadio San Siro”. Le stime del giro d’affari spartito fra ultras e imprenditori sono rese difficili dall’evasione fiscale fotografata nelle intercettazioni, in cui si parla di continuo di fare “black” e nero, ma dai bilanci delle 35 società di parking che i pm Paolo Storari e Sara Ombra ritengono “riconducibili alla famiglia Zaccagni” e analizzati da LaPresse è possibile avere un’idea dei numeri. Con la Kiss&Fly Management srl, società al centro dell’inchiesta che ha firmato i contratti con Milan e Inter e con Snaitech per l’ippodromo Snai San Siro e la pista della Maura (piazzale dello Sport, via del Centauro, via Lampugnano), nel 2023 ha fatto segnare un milione 215mila euro di ricavi, raddoppiati rispetto all’anno precedente. Con la Parcheggi Bicocca srl l’imprenditore dichiarava altri 688.817 euro di ricavi. Poco più di 104mila dalla Pagano Parking, 95mila con Fiere Verona Parking, 61mila con la Hi-Tech Park e 433mila con la Brera Parking dal nome del centrale e storico quartiere meneghino. Zaccagni puntava a raggiungere una “posizione ‘monopolistica’” sui parcheggi e ad espandersi a Roma con il nuovo stadio della Capitale, mentre attorno a lui crescevano gli appetiti di criminalità e tifo organizzati. In un’intercettazione del 2020 il capo ultrà Vittorio Boiocchi, ucciso due anni dopo, parla con Simone De Piano detto ‘Pongo’ in previsione dei concerti 2021 all’ippodromo di Milano. “Vasco Rossi l’anno prossimo, stanno preparando Milano, ci sarà un 110mila spettatori”. Parcheggi e affari dietro ai quali – sottolineano gli inquirenti – era necessario raggiungere un “equilibrio” grazie alla “mediazione mafiosa”. Per questo motivo Gherardo Zaccagni avrebbe assunto alle sue dipendenze anche Giuseppe ‘Pino Caminiti’, esponente di spicco della Nord dell’Inter vicino ad ambienti ‘ndranghetisti, per farsi fornire protezione. “Pino è una brava persona – dice Zaccagni intercettato – ovviamente non è lo stalliere (Vittorio Mangano) di Berlusconi, ma noi l’abbiamo preso esattamente per quella funzione… cioè io l’ho preso esattamente per quella funzione li”. Sarà ‘Pino’ che confesserò al suo datore di lavoro di aver commesso un omicidio di mala 30 anni prima, partecipando all’assassinio di Fausto Borgioli detto ‘Fabrizio’, luogotenente dello storico boss della criminalità milanese Francis Turatello, avvenuto il 19 ottobre 1992 con 5 colpi d’arma da fuoco nei pressi dell’oratorio ‘Don Orione’ in zona Lorenteggio a Milano. “Poi ti spiegherò la storia di ‘sta via qua un giorno. C’ha una storia importante fratello, mi ha sverginato a me sta zona qua” dice Caminiti all’imprenditore mentre si trovano in via Montegani nelle frasi intercettate che secondo la Procura lo accusano assieme ad altre prove del delitto. Se Zaccagni non avesse mai aperto una società dal nome Montegani Parking srls, forse, la verità sull’omicidio non sarebbe mai venuta a galla. 

La società Hi-Tech Park S.r.l. tiene a precisare che “non ha coinvolgimento alcuno nell’inchiesta penalistica in essere, ha sana e consolidata governance societaria, scevra da qualsivoglia attinenza con fenomeni illeciti, i meno commendevoli, quali quello oggetto di approfondita disamina nell’ambito della vicenda giudiziaria succitata” e che “nessun legame intercorre tra High-Tech Park S.r.l e i fatti oggetto di approfondimento nell’indagine sulle curve milanesi. 

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