Il 22enne deve rispondere dell'uccisione della sua ex fidanzata, avvenuta nel novembre 2023: rischia l'ergastolo
Prende il via oggi, davanti alla Corte d’Assise di Venezia, il processo a Filippo Turetta, reo confesso della morte dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate, nel novembre 2023, in un parcheggio a Fossò, in provincia di Venezia. Il 22enne di Torreglia, in provincia di Padova, rischia l’ergastolo: deve rispondere di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Turetta non sarà in aula, come confermato qualche giorno fa dal suo legale, l’avvocato Giovanni Caruso, che difende il giovane insieme con la sua collega, Monica Cornaviera. Il pool della difesa ha ribadito anche l’intenzione di non chiedere la perizia psichiatrica per il 22enne.
Le confessioni di Turetta
La confessione resa al pm di Venezia Andrea Petroni, nell’interrogatorio dello scorso 1 dicembre, lascia senza fiato. “Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo. È scesa dalla macchina gridando ‘Sei matto, lasciami in pace’. Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anche io ho preso un coltello dalla parte posteriore del sedile del guidatore”, le confessioni del ragazzo, ora detenuto nel carcere di Verona. “L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava: ‘Aiuto’ ed è caduta – prosegue Turetta -. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. L’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva, ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”. Le fasi concitate di quando l’ex studente di ingegneria le mette dello scotch sulla bocca, il tentativo di Giulia Cecchettin di scappare. Turetta la insegue, la raggiunge. “Le ho dato una decina, dodici, tredici colpi con il coltello – afferma – Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia“.
Il giro al centro commerciale
Fu la denuncia di scomparsa a dare il via a una storia finita nel peggiore dei modi. Gino Cecchettin, papà di Giulia, si rivolse ai carabinieri la domenica: la figlia non era tornata a casa e l’ultimo contatto era stato con la sorella la sera precedente, alle 22.43, con un messaggio su WhatsApp. L’ultima sera della ragazza, prossima alla laurea in Ingegneria biomedica, della quale era stata già fissata la data – il 16 novembre – iniziò con un giro al centro commerciale di Marghera, in compagnia di Turetta. I due, anche se nell’agosto 2023 avevano interrotto la loro relazione, erano rimasti in contatto.
La fuga
Dopo la cena al McDonald, si persero le tracce dei due ragazzi. Al 112 arrivarono due telefonate, due diverse segnalazioni di un litigio che appariva violento. I militari dell’Arma – si seppe in seguito – non intervennero, nonostante la seconda telefonata, a causa di altre segnalazioni contemporanee. Per una settimana l’Italia intera tenne il fiato sospeso, sperando di ritrovare viva la ragazza. La paura, infatti, che lui potesse averle fatto del male aveva già preso il sopravvento. Il corpo di Giulia Cecchettin fu ritrovato sull’argine del lago di Bracis, vicino ad Aviano, in Friuli Venezia Giulia. Turetta aveva scaricato il cadavere prima di proseguire la sua fuga fuori dall’Italia, con la sua Fiat Grande Punto di colore nero. Una fuga durata pochi giorni, durante i quali nei suoi confronti era stato spiccato un mandato d’arresto europeo. La polizia tedesca troverà il giovane fermo nella sua auto, rimasta senza benzina, sulla corsia d’emergenza dell’autostrada A9 tra Bad Dürrenberg e lo svincolo Rippachtal.
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