La criminologa a LaPresse: "Tutti corriamo il rischio di fare la fine di Sharon"

I raptus improvvisi non esistono“. Questo il commento a LaPresse della criminologa Roberta Bruzzone sulle parole di Moussa Sangare, il 31enne italiano fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni, che agli inquirenti avrebbe detto di essere stato colto da un raptus. “Quest’uomo è uscito da casa sulla scorta di una condizione di interesse psichiatrico, probabilmente sottovalutata ma già ampiamente emersa: aveva infatti un 415bis per un reato di maltrattamenti aggravati nei confronti della sorella e della madre. Quindi che questa persona fosse pericolosa, violenta e probabilmente anche disturbata era già qualcosa di noto. Forse nell’angoscia di aver dovuto lasciare l’abitazione familiare per via delle problematiche che aveva creato, Moussa è uscito da casa con quattro coltelli per gestire quella angoscia distruttiva che è dovuta alla sua condizione psichiatrica. Ipotizzo un disturbo borderline di personalità”, afferma Bruzzone. Quello di Sharon Verzeni è un omicidio “maturato in una mente che probabilmente è rimasta a marcire nell’oscurità della sua condizione per molto tempo”. Condizione “che non è stata mai segnalata e trattata come come avrebbe dovuto. Probabilmente è stata sottovalutata in termini di minaccia perché comunque era noto alle forze di polizia, visto il 415bis. Peraltro ha maltrattato precedentemente madre e sorella, due delle persone più importanti della sua vita. È chiaro che aveva delle problematiche serie. Questo è l’aspetto della storia che amareggia maggiormente, il fatto che non era un perfetto sconosciuto alle forze di polizia e, nonostante l’indole violenta già mostrata, era libero per strada“.

“Tutti corriamo il rischio di fare la fine di Sharon”

“È un miracolo che abbia ucciso soltanto Sharon quella notte perché gli altri due ragazzini, di cui lui stesso fa menzione, hanno rischiato di fare la stessa fine. Questo la dice lunga sul fatto che è ora di finirla di sottovalutare le problematiche di matrice psichiatrica“, dice ancora Bruzzone a LaPresse. “Alcuni reati sono chiaramente riconducibili a problematiche psichiatriche molto serie e in giro di gente come Moussa ce n’è quanta ne volete. Quindi il rischio di fare la fine di Sharon è qualcosa che corriamo tutti. Tutti i giorni, ovunque, in qualunque situazione. Basta uno sguardo interpretato in maniera distorta. Magari il rifiuto di fornire un’informazione banale”, prosegue, “per questo tipo di soggetti è più che sufficiente per trasformarsi in un bersaglio. Parliamo di soggetti con problematiche psichiatriche probabilmente non tracciate ma evidenti. Nel caso di Verzeni abbiamo uno che era già interessato da un procedimento giudiziario per maltrattamenti aggravati nei confronti di madre e sorella che, normalmente è un parametro abbastanza affidabile di problematiche serie. Come spesso accade sono soggetti che vengono sottovalutati, lasciati a piede libero e questo purtroppo è il risultato”.

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