Olindo Romano e Rosa Bazzi sono tornati in aula, la prossima udienza è fissata per il 16 aprile

Olindo Romano e Rosa Bazzi tornano in aula, ma chiedono di non essere ripresi: va in scena, nella Corte d’Appello di Brescia, l’udienza per valutare la richiesta di revisione del processo a carico dei due coniugi, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, in cui furono uccisi Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk di appena due anni, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. I due sono accusati anche del tentato omicidio di Mario Frigerio, marito di Cherubini, e unico sopravvissuto alla mattanza per una malformazione alla carotide, supertestimone di quanto accaduto, e deceduto nel 2014.

La difesa dei coniugi Romano-Bazzi ha chiesto un rinvio alla Corte d’Appello di Brescia e il presidente della Seconda sezione penale Antonio Minervini, pur dichiarandosi contrario, lo ha concesso per il 16 aprile. La difesa intende presentare nuove prove mentre l’accusa, rappresentata dal pg di Brescia Guido Rispoli e dall’avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro, punta all’inammissibilità.

L’udienza

In apertura è subito scontro. L’avvocato generale dichiara “inammissibili” le prove della difesa. “Non è vero che la condanna si basa solo su tre prove. Plurimi sono gli indizi che gravano sugli imputati”, spiega in aula. Una tesi portata avanti anche dal pg Rispoli secondo cui “le nuove prove non ribalteranno” le sentenze anche perché a carico di Romano e Bazzi vi é “una cascata di altre prove”. “Inammissibile”, sostiene Rispoli, l’istanza di revisione del processo presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser perché “redatta e firmata da un soggetto che non è titolare”. “È un unicuum in Italia”, ha affermato Chiaro. “La verità è scritta nelle sentenze”, dice e il movente dei coniugi era “poderoso”. Per la difesa dei due coniugi la richiesta dell’accusa ha però “motivazioni molto deboli”. All’uscita dal palazzo di giustizia l’avvocato Fabio Schembri, difensore di Olindo Romano e Rosa Bazzi, spiega che è “possibile ribaltare” l’esito dei precedenti processi “tramite le nuove prove”.

Al centro dell’udienza quelle che per la difesa sono le criticità degli elementi che hanno inchiodato Romano e Bazzi. A cominciare dalla testimonianza di Frigerio che, per l’avvocato generale, fu immediata. Unico sopravvissuto, Frigerio “ha detto subito” che “era stato Olindo”, “bisogna dirlo che è falso non abbia parlato già il 15 dicembre”. Così come non è stato commesso alcun errore nella repertazione fatta dai carabinieri di Como sulla traccia ematica trovata sull’auto, Seat Arosa di Olindo Romano e attribuita a Valeria Cherubini. L’ipotesi delle criticità legate alla traccia ematica è stata messa in evidenza dalla difesa di Bazzi e Romano, oltre che dal pg Cuno Tarfusser, che in sede di richiesta di revisione del processo hanno sostenuto non ci sia certezza che appartenga a una delle vittime. “Nessun trucco” in quella repertazione, ha risposto il Pg Rispoli. Altre piste, per l’accusa sono da escludere. Valeria Cherubini non fu colpita a morte nel suo appartamento, come invece sostiene la difesa. “Non vi erano aggressori nella casa della vicina” ed è “illogico” pensare a vie di fuga dal tetto o dal terrazzino. Gli assassini “sono madidi di sangue e sono armati, la corte di via Diaz è già piena di persone e quindi la difesa ipotizza la fuga dall’alto”, ha proseguito. “Si parla di un palo e di tre extracomunitari fermi davanti a via Diaz”, ma “qualsiasi autore” di quell’eccidio “non si sarebbe fermato in strada”. Da escludere anche la pista della criminalità organizzata per la quale “i bambini non si toccano” ed è “inverosimile che la criminalità organizzata abbia fatto un agguato in quella palazzina in una corte chiusa, dove si poteva scappare solo a piedi, con la macchina lontana. Dov’é la logica, dove la buttiamo?”. Per la strage, le armi utilizzate “sono state spranghe e un coltellino di piccolo cabotaggio”, non quelle che “utilizzerebbe la criminalità”. 

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