Il 29enne è in pericolo di vita: aveva partecipato a uno scontro a fuoco nel quale è morto Giancarlo Romano, 30 anni

Nelle prime ore di questa mattina la Polizia di Stato (in particolare la Squadra Mobile e la Sisco) ha eseguito un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di tre indagati. Sono ritenuti responsabili a vario titolo di omicidio, tentato omicidio, porto abusivo d’arma da fuoco e tentata estorsione, reati aggravati dal metodo mafioso.

I provvedimenti precautelari scaturivano dall’omicidio di Giancarlo Romano, ucciso nell sparatoria di ieri pomeriggio in via XXVII maggio, nel quartiere Sperone di Palermo, e dal tentato omicidio di C.A., 29enne, tuttora in pericolo di vita per le gravissime lesioni riportate all’addome e alla testa. Anche quest’ultimo è tra i destinatari del provvedimento di fermo di indiziato di delitto.

Il 29enne aveva partecipato a un primo scontro a fuoco, avvenuto pochi minuti prima di fronte a una sala scommesse in corso dei Mille, nel quale erano rimasti feriti un avventore dell’esercizio e il 51enne M.C., autore dell’uccisione di Romano. Secondo quanto emerso, il conflitto è nato dal tentativo di estorsione sui proventi illeciti generati dalle scommesse clandestine e in particolare da un debito maturato dall’autore dell’omicidio nei confronti della vittima. La ricostruzione dei fatti è avvenuta anche attraverso la visione delle immagini registrate dalle telecamere di video sorveglianza installate nella zona. Nel corso delle successive perquisizioni sono state ritrovate due armi utilizzate nelle sparatorie. 

Parroco Sperone: “Ripiombati negli Anni ’90”

“Ciò che è accaduto ieri desta preoccupazione, si rischia di innescare una spia di violenza che fa paura. Siamo ripiombati negli anni Novanta. Già ieri sera su Whatsapp le mamme scrivevano messaggi nei quali si dicevano spaventate, la sparatoria è avvenuta nel pomeriggio in una via trafficata. Io stesso ero passato da lì pochi minuti prima. Poteva esserci chiunque in quel piccolo tratto di strada”. Così a LaPresse don Ugo Di Marzo, parroco della parrocchia Maria Santissima delle Grazie-Roccella, che si trova nel quartiere Sperone, dove ieri sera è avvenuta la sparatoria nella quale è morto Giancarlo Romano e nella quale vi è stato il tentato omicidio di C.A., il 29enne tuttora in pericolo di vita per le gravissime lesioni riportate sia all’addome che alla testa.”Non sono persone che frequentano la parrocchia – prosegue – ma li conoscevamo di vista. Facciamo un appello alla pace e affinché gli assassini si costituiscano”, conclude Di Marzo. 

Parroco Sperone: “Sempre più giovani armati”

“Gli episodi di violenza non si fermano solo al quartiere Sperone. Abbiamo visto che accadono anche in zone diverse della città. Come, ad esempio, la sparatoria avvenuta nella zona del Politeama. In generale c’è una città che sta vivendo un momento complicato.Tanti giovani girano armati. C’è una violenza che dilaga, una mancanza di alternative e il fai da te non funziona più. Chiediamo, pace, silenzio e che si fermi una eventuale scia di violenza”, ha aggiunto Di Marzo. 

Parroco Sperone: “Serve presenza costante istituzioni”

“Alle istituzioni chiediamo una presenza che sia costante e non soltanto dopo le retate. Negli ultimi anni le retate hanno sì fatto pulizia ma non hanno portato una presenza diversa. Tutto è demandato al terzo settore, ai privati, alle parrocchie ma noi da soli non possiamo offrire l’alternativa di cui c’è bisogno oggi, ossia il lavoro. Se vogliamo fermare il malaffare dobbiamo proporre un’alternativa: il malaffare è il cibo di tanti donne e uomini. Cosa segue gli arresti e le grandi retate? La gente ha bisogno di lavoro e finisce nelle mani della criminalità per questo”, ha detto ancora il parroco. “Chiediamo una presenza reale e quotidiana per fare un’alternativa. Dobbiamo dire anche questo! Dobbiamo dare un’alternativa. La parrocchia si schiera contro lo spaccio di droga in maniera forte e decisa. Ma dobbiamo anche dall’altro lato capire che dobbiamo dare un’alternativa a chi si trincera sul fatto che in qualche modo deve portare il pane a casa. Non serve fare le commissioni antimafia o le grandi manifestazioni. Serve un lavoro sul territorio, capillare, per dare alternative a queste famiglie che sono tagliate fuori dal mondo del lavoro. E’ gente che spesso non ha nemmeno il diploma di scuola superiore e per questa gente il mondo del lavoro non offre opportunità, nemmeno quelle più umili, come fare le pulizie al centro commerciale”.

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