Gli attivisti tornano ai Giardini Politkovskaja dopo l'identificazione: "Non ce lo aspettavamo"
“Non è il modo con cui ci hanno identificati, ma è il motivo quello che non ci convince e che ci sfugge. Perché un gruppo di persone non può mettere dei fiori e una foto sotto una targa? E’ proibito da qualcuno?”. A chiederselo è Marina Davydova, tra i partecipanti al piccolo presidio organizzato a Milano in memoria del dissidente russo Navalny che domenica sono stati identificati dalla Digos. Dopo la morte del dissidente russo “come associazione Annaviva – spiega Davydova a LaPresse – abbiamo pensato di incontrarci e di portare dei fiori e una foto di Navalny sotto la targa di Anna Politkovskaya nel giardino vicino a corso Como. Eravamo un gruppetto di circa 12 persone, italiani e russi, senza megafoni. Non era una manifestazione, ma un piccolo incontro per ricordare Navalny in silenzio e con una candela, come sta accadendo in tutto il mondo”.
“Al nostro arrivo – prosegue la donna – c’erano già delle persone ad aspettarci in borghese. Inizialmente pensavamo fosse qualcuno intenzionato a partecipare al nostro appuntamento e invece poco dopo hanno chiesto a tutti quanti di favorire i documenti e anche l’indirizzo di residenza, senza fornirci un motivo. Una cosa che non ci aspettavamo: come associazione esistiamo dal 2008, ma mai e poi mai ci hanno chiesto i documenti”. Dopo quanto accaduto ieri, Davydova anche oggi tornerà ai Giardini Politkovskaja.
“Quello che hanno fatto le forze dell’ordine – osserva – è corretto, ci hanno chiesto i documenti e noi li abbiamo forniti, non abbiamo detto no. E’ il motivo che non ci convince e che ci sfugge. Potevano farlo se ci fosse stato un disordine, invece eravamo solo 12 persone che guardavano in silenzio una foto. Il massimo che potevamo causare era un’allergia con i fiori”.
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