L'analisi basata sui dati della Direzione centrale per i servizi antidroga, altissima l'allerta anche per i cannabinoidi sintetici e il Fentanyl
Boom in Italia di uso e sequestri di crack. Lo mostrano i dati della DCSA, Direzione centrale dei servizi antidroga, forniti a LaPresse e aggiornati al 2023. Ma è quanto sostengono anche gli operatori che lavorano nei Sert con i tossicodipendenti. Per quanto riguarda il crack, dal 2019 a oggi (secondo i dati della DCSA per LaPresse aggiornati al primo dicembre 2023), c’è stato un raddoppio nei sequestri, da 6,9 chili a 14,8, con un aumento costante negli anni (nel 2021 6,9 chili, nel 2022 10,5). “Il dato dei 14 chili fornito, già in pochi giorni è passato a 15, per dare un’idea – spiega a LaPresse Salvatore Leotta, tenente colonnello della DCSA – Non stiamo parlando di tonnellate ma se andiamo a spezzare il dato nelle regioni vediamo per esempio che in Campania c’è stato un aumento netto. C’è un maggior numero di sequestri che ovviamente corrisponde a un maggior consumo. Parliamo prevalentemente delle regioni del Meridione o più in generale delle aree urbane più povere. In Campania c’è la metà dei quantitativi nazionali sequestrati, 8 chili. Non vogliamo creare allarmismo, perché i quantitativi in assoluto sono bassi, ma il raddoppio è comunque indice di qualcosa”. Questo qualcosa viene spiegato soprattutto da chi si occupa di tossicodipendenze: il crack è la ‘droga dei poveri’ e il suo uso è in aumento “da anni”, dice a LaPresse Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele. “Spesso i sequestri non distinguono tra cocaina e crack mentre gli operatori possono fare distinzione per la modalità d’uso, la cocaina viene sniffata il crack viene inalato, e qui vedono un aumento specifico del crack” spiega ancora.
Il crack è sostanzialmente una miscela tra cocaina cloridrato e bicarbonato di sodio, considerata dagli operatori del settore una ‘droga dei poveri’, spiegano gli esperti, droga che in alcune regioni italiane arriva a costare anche ‘solo’ 5 euro a dose. Secondo quanto riferisce a LaPresse Leopoldo Grosso, il fenomeno è in aumento da anni: “Con il crack si crea una problematica compulsiva più forte, non ci si ferma a una dose, dopo 15-30 minuti si sente subito bisogno di un’altra dose. La diffusione è in aumento sicuramente: ma quando i Sert però registrano l’aumento, vuol dire che il consumo già viaggia da anni, perché tra il primo consumo e la richiesta d’aiuto possono passare anni. Sicuramente anche nelle aree metropolitane il crack aumenta e questo lo riferiscono tutti i servizi anche se ciò che arriva al Sert è la punta dell’iceberg.
Il fenomeno è sommerso ed è ancora molto più diffuso”, spiega. Il collegamento con l’aspetto economico è evidente: “Il costo è più basso di altre droghe, anche se dipende dalle regioni: in Sicilia ci dicono che in alcune zone, come Ballarò a Palermo, una dose costa 5 euro. Nel Nord Italia, costa circa 30-35 euro. Questa può richiedere però l’uso di una successiva. In ogni caso è una droga che rimane alla portata della maggior parte della popolazione, certamente”, dice ancora Grosso. “L’abuso di crack è sempre alto, ma è in aumento perché è un prodotto meno costoso della cocaina pura – spiega Simona Pichini, direttrice reggente del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità -. E’ una miscela che serve soltanto, una volta inalata, a liberare la cocaina base che arriva più velocemente al cervello con un’effetto immediato. Essendo meno costoso e con un effetto velocissimo, gli acquisti sono in aumento tra i consumatori più poveri. E siccome la povertà è in aumento…”.
Cannabinoidi sintetici, Hhc droga ‘top’ del 2022-23
Allerta altissima per cannabinoidi sintetici e semisintetici in Italia, in particolare per l’Hhc. Si tratta di una sostanza che è stata inserita nella Tabella delle sostanze stupefacenti solo nel luglio 2023, dopo essere comparsa nel mercato illegale italiano nel 2022: lo dimostrano i dati forniti a LaPresse dalla DCSA, Direzione centrale per i servizi antidroga, aggiornati al primo dicembre 2023, e lo confermano gli esperti. Nel 2022 si contano 7 sequestri, dove l’Hhc risulta ‘aggiunto’ o collegato ad altre sostanze (hashish e marijuana), per un totale di 450,011 chili di sostanza sequestrata (considerando che in un sequestro non è stata segnalata la quantità). Nel 2023 i sequestri sono scesi a due per il momento, per un totale di 64 dosi. Questo perché, una volta entrata in tabella, la sostanza inizia a girare di più sul dark web: “L’Hhc è stato inserito in tabella il 13 luglio del 2023. La grossa pubblicità che si è fatta quando la sostanza non era tabellata, magicamente sparisce nel momento in cui la sostanza entra in tabella, perché prima circolava liberamente. Circolava di più – spiega a LaPresse Salvatore Leotta, tenente colonnello della DCSA -. Nel momento in cui entra in tabella, entra nel commercio online e del dark web ed è più difficile da tracciare e reperire. E poi resta il fatto che non tutti i Paesi hanno tabellato l’Hhc”. L’uso e abuso di queste sostanze è sostanzialmente legato al mondo giovanile: “Perché sono insidiose queste sostanze? Perché c’è l’incoscienza giovanile, è più insidiosa proprio perché colpisce i giovani e i fragili” dice ancora Leotta. Il fenomeno viene osservato anche dal punto di vista medico: “I cannabinoidi sintetici o semisintetici, e in particolare l’esaidrocannabinolo, l’Hcc, possono essere considerate le droghe ‘top’ degli ultimi due anni, in crescita nei consumi già nel 2022 e con un boom nel 2023. Sono facili da produrre e sono presenti in diversi tipi di prodotti, dalle caramelle alle sigarette elettroniche ai prodotti erbacei. L’Hcc costa molto di meno del Thc, principio attivo della cannabis, si può fare in laboratorio e gli stessi effetti del Thc possono essere raggiunti con un prodotto che costa molto meno, è questa la novità del mercato” spiega a LaPresse Simona Pichini, direttrice reggente del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità.
Alta l’allerta per il Fentanyl
Alta l’allerta per il Fentanyl e i fentanili in Italia e in Europa, ma gli esperti del settore dicono no all’allarmismo. Lo dimostrano i dati forniti da LaPresse alla DCSA, Direzione centrale dei servizi antidroga, che raccontano i sequestri degli ultimi 6 anni di questa sostanza. Secondo quanto riporta la DCSA, negli esseri umani sono sufficienti 2 mg di Fentanyl per essere letali. “I numeri dei sequestri da soli sono piuttosto esigui ma i fenomeni vanno inquadrati. Se parliamo di Fentanyl non possiamo dire che non ci sia un’allerta alta. Anche se i numeri dei sequestri sono poca cosa, l’attenzione è però alta perché tutti gli alert che arrivano soprattutto dagli Usa ci portano a dire che bisogna tenere alta la guardia” dice a LaPresse il tenente colonnello Salvatore Leotta della DCSA. “Prova ne è la recente indagine di Piacenza: lì non ci sono stati sequestri perché il sistema che era stato studiato dall’organizzazione faceva sì che la persona coinvolta fosse sostanzialmente un broker, faceva da tramite da/a, senza che la droga poggiasse il piede sul nostro territorio nazionale”.
L’allerta alta trova conferma in ambito medico: “Sui fentanili c’è una situazione di allerta ma non allarme in Italia, ci sono stati sequestri ma ci sono stati solo due morti accertate da analoghi del fentanyl negli ultimi anni. Spesso non si analizzano i liquidi biologici delle morti per overdose e allora questi prodotti non si trovano” dice a LaPresse Simona Pichini, direttrice reggente del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità. “I sequestri magari non ci danno dei dati elevati, ma noi oggi non sappiamo esattamente nemmeno quale sia la dose precisa in termini di milligrammi: si usa a granelli, in quantità minime” dice ancora Pichini. “Dal 2019 il sistema nazionale di allerta precoce sta lanciando molte allerte per servizi per tossicodipendenze, per comunità, per forze dell’ordine sul tema. Sono sostanze pericolose anche nel maneggiarle: l’Europol ha lanciato una nota viola per dire che sono sostanze tossiche anche all’inalazione, anche per gli operatori di polizia. Quasi ogni mese lanciamo un’allerta con un documento che raggiunge tutti gli operatori sanitari a contatto con consumatori di sostanze d’abuso proprio perché dagli Usa arriva l’allarme e dobbiamo prepararci. Di solito c’è un lasso di tempo tra un allarme negli Usa e l’arrivo della sostanza in Europa”, conclude Pichini.
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