Terza sentenza sul tema della Suprema Corte in due settimane: "Nella Costituzione c'è un limite sotto cui non si può scendere"

La “violazione” dell’articolo 36 della Costituzione (il diritto a un giusto salario, ndr) c’è anche “se la retribuzione corrisposta è conforme a quella stabilita dal contratto collettivo” perché “la Costituzione ha accolto una nozione di remunerazione” del lavoro “non come prezzo di mercato” ma “come retribuzione sufficiente” e “adeguata ad assicurare un tenore di vita dignitoso”. Così la Corte di Cassazione nella causa intentata da alcuni dipendenti della GSA spa (Gruppo Servizi Associati) – appaltatrice dell’azienda del trasporto pubblico milanese Atm per i servizi di vigilanza nei depositi autobus, metro e ufficicondannata a risarcire e adeguare gli stipendi dalla Corte d’Appello di Milano nel 2022 per buste paga ritenute lesive dell’articolo 36 della Costituzione che sancisce il diritto a una “retribuzione proporzionata” e “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

“Incostituzionale il dumping salariale”

“Nella Costituzione c’è un limite oltre il quale non si può scendere“, scrivono i giudici della Sezione Lavoro, che “vale per qualsiasi contrattazione collettiva” e “non può tradursi in fattore di compressione del giusto livello di salario e di dumping salariale” in particolare “quando la presenza di molteplici contratti collettivi in uno stesso settore, tanto più se sottoscritti da soggetti poco o nulla rappresentativi diventa un fattore di destabilizzazione”.

Terza sentenza in due settimane sul tema

Si tratta della terza sentenza della Suprema Corte in due settimane sul tema del salario minimo. I lavoratori, assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, contestavano la paga – pur prevista da un contratto nazionale – pari a 863 euro netti per lavorare su turni notturni da 11 ore e 10 minuti (dalle 19.40 alle 6.50) senza pausa, per quattro notti consecutive e due giorni di riposo. Il collegio della Suprema Corte Raimondi-Piergiovanni-Riverso-Panariello-Cinque ha respinto il ricorso delle aziende difese dai legali Franco Toffoletto, Raffaele De Luca Tamajo, Federica Paternò ed Ezio Moro per GSA, e Bruno Bitetti e Antonella Loiacono per Atm, con l’azienda pubblica costituita nel giudizio come “ricorrente accidentale”. Per i giudici “pur con tutta la prudenza necessaria nel trattare la materia retributiva e con il rispetto della competenza attribuita normalmente alla contrattazione collettiva” definita come “autorità salariale massima” non “può che ribadirsi come i criteri di sufficienza e proporzionalità stabiliti nella Costituzione siano gerarchicamente sovraordinati alla legge e alla stessa contrattazione collettiva“. Ci sono “contenuti, anche attinenti alla dignità della persona” che “preesistono e si impongono dall’esterno nella determinazione del Salario”, si legge.

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