Pifferi, operatrice 118: “Ripeteva ‘sono una brava madre’”

Pifferi, operatrice 118: “Ripeteva ‘sono una brava madre'”
Milano, Udienza processo ad Alessia Pifferi

Nuova udienza a Milano a carico della 37enne accusata di aver fatto morire di stenti la figlia Diana a 18 mesi

Nuova udienza a Milano nel processo a carico di Alessia Pifferi, la 37enne accusata di omicidio volontario pluriaggravato nei confronti della figlia Diana, morta di “forte disidratazione” con “deragliamento delle funzioni cellulari” a 18 mesi di età dopo essere stata abbandonata per sei giorni in casa in via Carlo Parea a Milano, in un lettino da campeggio. Tra le testimonianze di oggi gli operatori del 118, i primi ad arrivare nell’abitazione il 20 luglio 2022, giorno della morte della bimba. “Alessia Pifferi diceva di essere partita giovedì sera lasciando Diana con una baby sitter conosciuta sei mesi prima e che la mattina tornando a casa non vedeva l’ora di rivederla. Aveva trovato la porta chiusa ma non a chiave e le finestre aperte. Diceva che la mattina prima aveva avuto l’ultimo contatto con la babysitter e che ce ne erano stati per tutta la settimana con delle videochiamate ma sul telefono non aveva nulla, mi aveva lasciato il telefono in mano ma non lo abbiamo trovato né traccia di chiamate a baby sitter né un numero di telefono. Disse prima che il nome era ‘Giovanna’ e poi ‘Jasmine’ ma non aveva il numero”, ha testimoniato una di loro.

“Ripeteva ‘sono brava madre, non criminale’”

“Era più preoccupata per se stessa, continuava a ripetere che era una brava mamma e non una criminale, che non aveva fatto nulla. Si è resa conto della situazione quando sono arrivati i poliziotti, le è stato somministrato per bocca un ansiolitico”, hanno affermato i testimoni. I sanitari sono giunti quella mattina nell’abitazione di Ponte Lambro dopo aver ricevuto alle 11.06 una segnalazione di codice rosso per un minore di due mesi di età, e sono arrivati alle 11.15. “Non c’era nessuno ad accoglierci in strada – hanno testimoniato – ed è una cosa strana di solito”. “L’auto medica ha subito constatato il decesso – ha raccontato un’altra sanitaria nell’aula della Corte d’assise di Milano -. La signora non mostrava segni di sconforto, non piangeva, continuava a dire che era una brava madre e che voleva bene alla sua bambina, quando ha saputo che stava arrivando la polizia ha iniziato ad agitarsi, a dire che non era una delinquente e che aveva colpe, così il medico le ha somministrato qualche goccia di benzodiazepine e di valium”. “Tornando in casa, mi hanno fatto notare una boccetta di En sul microonde, era più o meno finita per tre quarti – ha aggiunto la soccorritrice -. Ha espresso a un certo punto la necessità di andare in bagno e lì si è appoggiata allo stipite della porta. Diceva che non doveva fidarsi, continuando a ripetere che era una brava madre”.

Medico 118: “In casa segni di abbandono”

Poi è stato il turno del medico che constatò la morte di Diana Pifferi. “Non avrei pensato a quelle cause del decesso ma sicuramente i segni della storia di abbandono c’erano e non c’erano altri segni di violenza”, ha affermato il dottore rispondendo a una domanda del presidente della Corte d’Assise Ilio Mannucci Pacini. “Ha pianto quando le ho comunicato che la bimba era morta, non come una madre straziata, ne ho viste tante in 16 anni di lavoro. Diceva ‘non ci posso credere, ma come è morta?’. Era sorpresa per l’accaduto‘”, ha aggiunto il medico precisando che “nei primi minuti la storia che ha riferito e la sua reazione potevano francamente essere credibili”.La “bambina poteva pesare meno della metà del normale per la disidratazione – ha spiegato il sanitario – c’erano evidenti segni di necrosi, di decomposizione che non sapevo datare“.

Vicina: “Non ha pianto ma ha chiesto, ‘Mi arrestano?’”

Era agitata. Io ho trattenuto un grido e Alessia mi ha chiesto ‘è morta?‘. Non ho risposto. L’ho fatta sedere sul divano, le ho sollevato le gambe e le ho dato l’acqua, mi ha chiesto le tavolette ghiacciate. Non ha mai pianto Alessia però mi ha chiesto ‘mi arrestano?‘ e io ho glissato”, ha invece dichiarato la vicina di casa Letizia Ricaldone, contattata dalla donna per soccorrere la figlia. “Verso le 10-10.30 mi suona al citofono agitata e dice ‘la bambina non respira più’ – ha spiegato la donna – La bambina chiaramente era già priva di vita. Mi ha raccontato di averla lasciata con la babysitter e che, due giorni prima, l’aveva chiamata per dire che andava tutto bene. Quando telefonammo al 118 continuava a ripetere di essere una brava madre e disse ‘Forse è colpa mia, quando l’ho presa in braccio ho cercato di rianimarla, forse ho esagerato’”.

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