Tra i reati contestati ad Alessandro Impagnatiello, reo confesso dell’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, c’è l‘interruzione di gravidanza non consensuale per aver provocato la morte del bimbo che la vittima, incinta di 7 mesi, portava in grembo.
La legge italiana prevede in questi casi l’applicazione dell‘articolo 593 ter del codice penale. “Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni – si legge -. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l’inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l’acceleramento del parto”.
“Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna – prosegue l’articolo del Codice – si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave quest’ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto”. L’omicidio, invece nell’ordinamento italiano può essere contestato solo dopo la nascita.