A pagare pegno per la nuova emergenza siccità può essere il turismo, nel pieno della stagione estiva: parchi acquatici, piscine, stabilimenti balneari a cui chiudere, in parte, i rubinetti

L’Italia assetata ha paura della crisi idrica. Comuni e Regioni iniziano a pensare ai razionamenti dell’acqua per salvare i consumi di acqua potabile e i raccolti dell’agricoltura. A pagare pegno per la nuova emergenza siccità può essere il turismo, nel pieno della stagione estiva: parchi acquatici, piscine, stabilimenti balneari a cui chiudere, in parte, i rubinetti. “Ci sono acquedotti che hanno iniziato a ridurre la pressione e altri che lo stanno ipotizzando”, dichiara a LaPresse Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano dei Balneari (Sib). Da ultimo il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ieri vedendo Acea ha escluso per ora forme di turnazione di fonte idrica ma ha detto che “gli stabilimenti balneari dovrebbero essere predisposti a un risparmio dell’acqua, a partire dalle docce”.

Gli operatori non ci stanno dopo 2 anni di Covid. “Abbiamo perso il 75% del fatturato e ci stiamo rialzando a fatica. L’ipotesi di razionare l’acqua alla luce della crisi idrica è stato un lampo a ciel sereno”, afferma Luciano Pareschi, presidente dell’associazione Parchi Permanenti Italiani, l’associazione nazionale di categoria dei parchi divertimento. Ridurre le forniture idriche? “Sarebbe tragico – commenta Giuseppe Ira, presidente di Leolandia, uno dei fiori all’occhiello dei parchi divertimento per bambini in Lombardia – anche perché sono strutture che hanno una stagione contenuta, più o meno di tre mesi”. “Siamo un servizio pubblico e ci rivolgiamo a un’utenza che ha un bisogno fisiologico di attività come fragili o disabili, servizi riabilitativi, over, anziani”, spiega Pierpaolo Longo, consigliere di Assonuoto e Federazione Italiana Nuoto, in rappresentanza del mondo delle piscine. Ognuno ha le proprie ragioni ma le immagini e le storie che arrivano dalla penisola in siccità, seppur a macchia di leopardo, sono quelle dei fiumi della Campania in calo, dei trebbiatori del Molise che parlano di crisi senza precedenti con Cia-Agricoltura che stima un -30% sul raccolto del grano. La Sicilia, secondo i dati diffusi dall’associazione Italiana Enti di Bacino, è la regione italiana con maggior rischio di desertificazione. Secondo la Protezione civile “la situazione di maggiore criticità interessa il Distretto del Fiume Po e quello dell’Appennino Centrale” fa sapere il Dipartimento annunciando il tavolo con ministeri, enti locali e Autorità di bacino. In Lombardia il governatore Attilio Fontana esclude per ora i razionamenti per gli usi civili, dopo aver strappato i 5 milioni di metri cubi di acqua aggiuntivi al giorno, per le prossime 2 settimane, ai gestori delle dighe e bacini idroelettrici da destinare all’agricoltura. “Stiamo valutando lo stato di emergenza regionale per poi chiedere quello nazionale”, ricorda il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini.

“Le disponibilità idrologiche stoccate esistenti al momento sono già limitate del 30-35%” spiega il climatologo Massimiliano Fazzini. Sullo sfondo del dibattito di un’Italia arida che ha sete di acqua e risposte immediate rimangono le cifre figlie dei mancati investimenti: secondo Utilitalia si perdono 38 litri d’acqua ogni 100 immessi nella rete idrica che è vetusta: il 60% è stata posata oltre 30 anni fa, il 25% oltre 50 anni fa e con il ritmo del rinnovo attuale ci vorranno oltre 250 anni per sostituirla.

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