“Ho letto sui social che cercavano gente da arruolare, io voglio andare ad aiutare queste persone e combattere per il loro ideale: pace e libertà”
Il bodyguard, il commesso, il rapper. Sotto il consolato ucraino di Milano si intrecciano storie molto diverse accomunate da un unico obiettivo, arruolarsi per andare a combattere i russi in Ucraina. Nei giorni scorsi sulla pagina Facebook del consolato era apparso un messaggio, poi cancellato, in cui si invitavano gli aspiranti legionari a presentarsi passaporto alla mano per un colloquio. “Ho letto sui social che cercavano gente da arruolare, io voglio andare ad aiutare queste persone e combattere per il loro ideale: pace e libertà”, spiega Christian, 45 anni, milanese. Da vent’anni lavora come buttafuori nelle discoteche della movida milanese, ma oggi è pronto a combattere. “Non ho paura. Sento nei telegiornali e mi viene lo schifo a vedere bambini sdraiati per terra, che muoiono per la guerra. Dovrebbero essere libri di giocare e sognare. Ho una cinquantina di amici che insieme a me sono a disposizione del presidente Zelensky”. Vasilij, 27 anni, è nato a Kiev e da 8 anni lavora in un negozio di moda a Milano. Insieme a Danilo non si ferma un momento, carica senza sosta i furgoni che portano viveri e medicine ai profughi scappati dalla guerra, centinaia di scatoloni arrivati in questi giorni e ora ammassati nel cortile del consolato. Parla lontano dalle telecamere, non vuole che il suo volto appaia sui giornali perché, spiega: “La mia famiglia è tutta a Kiev, ho paura ci possano essere ripercussioni per loro. Sui social vediamo video terribili, civili uccisi, palazzi bombardati, non ce la faccio più a stare qui a non fare nulla. Voglio aiutare il mio Paese, bisogna fermare i russi prima che sia troppo tardi. Se non riuscirò a partire attraverso il consolato troverò una macchina, un passaggio e andrò lo stesso. Sono pronto a morire per la libertà della mia gente”. Danilo alle spalle ha anni difficili, reati di spaccio che gli hanno spalancato le porte del carcere e ora vede nella guerra l’occasione di riscatto: “Meglio andare in guerra per il proprio Paese che stare in giro a fare cazzate e rovinarsi la vita. Mia madre e le mie due sorelle sono ancora in Ucraina, spero siano ancora vive. Vedere che il mio Paese viene attaccato e che nessuno interviene per aiutarlo mi fa soffrire. Non mi interessano le bombe o proiettili, io voglio andare ad aiutarli”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata