Così la giovane davanti alla prima sezione della Corte d'Assise di Roma, nel processo sull'omicidio del fidanzato
“Sentii il colpo alla nuca e caddi a terra, non ricordo come mi rialzai”. “Poi vidi le gambe di Luca, era steso sotto il marciapiede, in quel momento non capivo cosa fosse successo”. Anastasiya Kylemnyk parla davanti alla prima sezione della Corte d’Assise di Roma, nel processo sull’omicidio del fidanzato Luca Sacchi. Piange ripensando all’orrore di quella notte, alla morte del ragazzo con il quale, racconta, sognava una vita insieme.
Era il 23 ottobre del 2019 la coppia aveva incontrato alcuni amici davanti a un pub nel quartiere Appio Latino. Tra gli amici c’era Giovanni Princi, ex compagno di scuola di Luca, con il quale i due progettavano di andare a vivere insieme.
Princi, condannato a quattro anni in abbreviato, è la persona che contattò gli spacciatori per acquistare il presunto carico di 15 chili di marjiuana, per 70 mila euro, che è il nodo centrale della vicenda.
Secondo l’accusa, i pusher Valerio Del Grosso e Paolo Pirino avrebbero ucciso Luca durante una colluttazione, seguita al tentativo di rubare i soldi ai ragazzi senza consegnare loro la droga.
Ma dell’acquisto della droga, Anastasiya dice di non aver mai saputo nulla e attacca Princi: “Siamo stati pugnalati alle spalle da chi pensavamo fosse un amico”.
Poi lo sfogo contro chi l’ha indicata come responsabile di quanto successo quella notte: “Oltre al lutto che non mi hanno fatto vivere, ho dovuto combattere con persone che mi accusavano di essere l’assassina”, e “l’amante di Princi”.
La morte di Luca “è stata un colpo talmente forte che io non volevo neanche più vivere. Io mi vedevo accanto a lui, volevo vivere con lui e creare una famiglia”. E sul perché, il giorno dopo la morte di Luca, abbia cercato di parlare con Princi, risponde: “Volevo guardarlo negli occhi, capire e volevo mi dicesse cosa fosse successo e se conosceva chi ci aveva aggredito. I responsabili volevo che finissero nelle mie mani, non in quelle dei carabinieri. E l’unico che avevo per arrivare a loro era Princi. Perché mi avevano strappato la persona che amavo di più al mondo”.
La giovane è imputata nello stesso processo che vede alla sbarra Del Grosso e Pirino, e risponde del tentato acquisto di droga che gli inquirenti hanno ricostruito grazie ai dialoghi intercettati tra gli spacciatori prima dell’omicidio.
Nel processo sono imputati anche Marcello De Propris, che consegnò l’arma con cui i due pusher spararono a Luca, e il padre, Armando De Propris, accusato della detenzione della pistola.
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