Nei confronti di oltre 30 attivisti per i disordini in Val di Susa

Sono state dimezzate le condanne nei confronti di oltre 30 attivisti nel maxi processo No Tav per gli scontri con le forze dell’ordine avvenuti tra il 27 giugno e il 3 luglio 2011 in Val di Susa. Dopo una lunga camera di consiglio, durata circa 12 ore, la Corte di appello del capoluogo piemontese ha letto il dispositivo intorno alle 21.30. La pena più alta comminata è due anni, la più bassa di sei mesi.

“L’impianto accusatorio, che ci trasciniamo dal primo grado, ha retto perfettamente. Certamente pronunciamo una sentenza a dieci anni dai fatti, quindi siamo stati falcidiati dalle prescrizioni. Gli imputati sono stati tutti, con varie sfumature, riconosciuti colpevoli dei reati di resistenza e violenza ai pubblici ufficiali”, ha dichiarato il procuratore generale di Francesco Saluzzo. Di avviso opposto, Gianluca Vitale, uno dei legali degli attivisti: “Le pene sono state in alcuni casi dimezzate, tutte ridotte, e non per effetto della prescrizione ma per molteplici assoluzioni nel merito. Credo che questo sia anche fondamentale nel ripristinare una correttezza di giudizio, una laicità di giudizio anche nelle questioni No Tav”.

Durante l’arco della giornata un gruppo di manifestanti si è radunato davanti al Palagiustizia con striscioni e bandiere. ‘Lottare contro speculazione e devastazione ambientale non è reato, tutte/i libere/i’, recitava uno striscione.

Il processo ha preso il via lo scorso febbraio dopo che la Corte di Cassazione, nel 2018, aveva annullato la sentenza della Corte d’appello di Torino del novembre 2016, che si era conclusa con la condanna di 38 manifestanti, disponendo un nuovo procedimento. In particolare, per 7 attivisti aveva confermato la responsabilità, eliminando però alcuni capi di imputazione e rinviando a nuovo giudizio per la rideterminazione della pena.

Intanto, nel carcere delle Vallette, Dana Lauriola, attivista e portavoce No Tav, arrestata lo scorso 17 settembre a Bussoleno in Val di Susa, insieme ad altre due detenute ha iniziato lo sciopero della fame. Secondo quanto si legge sui profili social del movimento, lo sciopero sarebbe legato alle condizioni del carcere e in particolare dei colloqui che sarebbero vietati per chi proviene da fuori Torino, secondo le disposizioni della zona arancione del Dpcm. “A fronte di questa immotivata privazione, il carcere delle Vallette non prevede ad oggi alcuna forma sostitutiva che garantisca le 6 ore di colloquio anche sottoforma di video chiamata”, si legge.

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