Anna Rita Giammetta Buzzetti ricorda la figlia, morta nello schianto del marzo 2019 durante una missione con il Wfp
“Il giorno della notizia del Nobel per la Pace 2020 al World Food Programme mi ero alzata triste e con il magone. Poi ho ricevuto il messaggio con la notizia: è stato un regalo, ho pensato 'Santo cielo!’, una cosa enorme”. A parlare è Anna Rita Giammetta Buzzetti, mamma di Maria Pilar Buzzetti, 30 anni, morta nell’incidente dell’Ethiopian Airlines del 10 marzo 2019. Su quell’aereo, caduto poco dopo il decollo da Addis Abeba e diretto a Nairobi, persero la vita 157 persone. A bordo c’erano diversi membri del World Food Programme, tra i quali anche due ragazze romane: Maria Pilar Buzzetti e Virginia Chimenti. “Mi piace pensare che il premio sia un po’ anche per loro” aggiunge Anna Rita Giammetta, ripensando allo schianto del 2019. “Per una madre che ha perso una figlia ‘far tornare alla mente’ la tragedia non è il termine giusto, perché questa cosa mi accompagna in ogni momento della vita – spiega la donna – Ma la notizia del premio Nobel al Wfp è stata per me una bomba, arrivata esattamente il giorno del mio compleanno. Il 3 ottobre era stato il suo compleanno, di Pilar, ed era stata una giornata difficilissima. Mi apprestavo a vivere un’altra giornata critica ed è arrivato invece questa sorta di regalo. Ho letto questa cosa come un premio un pochino anche per lei, che ha perso la vita facendo questo, ha perso la vita sul lavoro”. Maria Pilar Buzzetti ha ricevuto diversi riconoscimenti: da Papa Francesco al presidente Mattarella in tanti hanno ricordato il suo impegno. Ha iniziato in un ufficio per poi andare ad aiutare, appena possibile, sul campo, nei Paesi più bisognosi.
“Una volta Pilar commentò un Nobel per la Pace che non aveva condiviso, non ricordo bene in che anno – spiega ancora la madre – e poi mi disse ‘ma venissero con noi sul campo a vedere, altro che Nobel per la Pace a questi qui’. Intendeva dire che il loro lavoro con il Wfp era immenso, era reale”. Una frase quasi premonitrice, considerato il riconoscimento ricevuto solo pochi giorni fa proprio dal Wfp. “Non ci si rende conto nel mondo Occidentale che portare alimenti porta anche pace”, aggiunge la donna. Il Nobel per la Pace 2020 è stato vissuto da molti parenti delle vittime di quell’incidente come un riconoscimento per tutti. “A nome dell’entusiasmo di Pilar, penso che sia un giusto riconoscimento davvero per la Pace, in senso lato, tra noi popoli e tra gli esseri umani, tutti fratelli” spiega Giammetta. Pilar aveva lavorato soprattutto in cinque Paesi africani con il Wfp: Etiopia, Nigeria, Kenya, Sudan e Sud Sudan. “Da allora seguo sempre gli sviluppi in quelle zone” commenta la madre. E proprio alcuni di questi Paesi sono stati citati dall’Accademia di Svezia nelle motivazioni per l’assegnazione del Nobel per la Pace 2020.
La mamma di Pilar, come altre persone rimaste coinvolte in quell’incidente aereo del marzo 2019, ha deciso di prendere iniziativa per fare del bene dopo la tragedia che la ha coinvolta personalmente. “Come spesso accade, quasi da manuale, quando si perde un figlio si vuole fare del bene. Ho detto subito al Wfp ‘aiutatemi a creare un progetto a suo nome’, e così nell'ambito di ‘Share The Meal’ ho creato ‘Los Peques de Pilar' per raccogliere fondi” aggiunge la donna. Un modo per aiutare il prossimo e per far sì che le idee della 30enne possano continuare a camminare. “Eravamo molto legate e ha preso da me la sua vocazione internazionale – racconta ancora commossa Anna Rita – Molte amiche mi hanno chiesto come facessi a sopportare che Pilar svolgesse un compito così a rischio. Ma lei non ci ha pensato un attimo, appena ha potuto è partita”. E anche per questo il Nobel ha un significato ancora più profondo e personale: “Non voglio essere troppo ottimista ma questa cosa ha un significato inaspettato, che mi ha dato una nuova luce ed energia”, conclude la mamma.
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