Il pm Musarò: "Bugie iniziate subito dopo il pestaggio, ordini dall'alto". Coinvolto anche il capoufficio del comando dell'Arma. Colombo, altro militare indagato: "Facemmo una riunione tipo alcolisti anonimi"

Sono almeno sei le persone indagate nella nuova inchiesta sui falsi e i tentativi di depistaggio sul caso Cucchi: tra di loro c'è il tenente colonnello Francesco Cavallo all'epoca capoufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma.

Frasi shock emergono negli atti depositati dall'accusa oggi nell'udienza nel processo Cucchi. "Magari morisse, li mortacci sua", così Vincenzo Nicolardi, uno dei 5 carabinieri imputati, parlava di Stefano il giorno dopo l'arresto. Nel documento vengono riportate intercettazioni di comunicazioni radiofoniche e telefoniche avvenute tra le 3 e le 7 del mattino del 16 ottobre del 2009, tra il capoturno della centrale operativa del comando provinciale e un carabiniere la cui voce è stata ricondotta dagli inquirenti a quella di Nicolardi, oggi a processo per calunnia. Nella conversazione si fa riferimento alle condizioni di salute di Cucchi, arrestato la sera prim: "Mi ha chiamato Tor Sapienza – dice il capoturno della centrale operativa – Lì c'è un detenuto dell'Appia, non so quando ce lo avete portato se stanotte o se ieri. È detenuto in cella e all'ospedale non può andare per fatti suoi". Il carabiniere risponde: "È da oggi pomeriggio che noi stiamo sbattendo con questo qua". 

Gli indagati – L'elenco è scritto negli atti depositati dal pm Giovanni Musarò nel corso del processo ai cinque carabinieri. Indagati anche il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante stazione Tor Sapienza, interrogato la scorsa settimana; Francesco Di Sano, il carabiniere di Tor Sapienza, che con le sue dichiarazioni ha fatto scattare l'indagine; l'avvocato Gabriele Giuseppe Di Sano; il maresciallo Roberto Mandolini, già comandante stazione Appia e imputato nel processo in corso davanti alla prima Corte d'Assise; il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro.

Secondo una mail allegata agli atti depositati dal pm, sarebbe stato Cavallo a suggerire a Colombo le modifiche da apporre all'annotazione di servizio scritta da Di Sano sullo stato di salute di Cucchi una volta portato a Tor Sapienza.

Inchiesta sui falsi – "Questa storia è costellata di falsi iniziati subito dopo il pestaggio e proseguiti in modo ossessivo dopo la morte di Cucchi", le dure parole del pm Musarò. Dalle verifiche svolte dalla procura "emerge la conferma inequivocabile che quanto riferito da Di Sano è vero e la modifica della relazione (da lui fatta dopo la morte di Cucchi ndr) è stata di fatto l'esecuzione di un ordine veicolato dal comandante di stazione, che a sua volta aveva ricevuto ordine dal comandante di compagnia, che aveva ricevuto ordine dal gruppo".

"L'indagine dà uno spaccato di cosa accadeva in quei giorni in alcuni uffici romani e del clima che si respirava e aiuta a comprendere come sia stato possibile far sparire una annotazione sul caso e perché in nove anni nessuno ne abbia parlato", prosegue Musarò. "Questo si è tradotto nell'indirizzare in maniera scientifica le prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità – conclude – che sono finite a processo fino in Cassazione e oggi sono qui come parti civili".

"Per quello che percepii io, il maggiore Luciano Soligo non si trovava in una situazione molto diversa dalla nostra, nel senso che anche lui stava dando esecuzione ad ordini provenienti dalla sua gerarchia. La 'regia' in quel momento veniva dal Gruppo di Roma, circostanza confermata dal fatto che Soligo non cambiò i file delle due annotazioni sul posto (cioè presso il Comando di Tor Sapienza) ma i file furono trasmessi al Gruppo e tornarono modificati dal Gruppo". Le parole sono riportate nel verbale dell'audizione del carabiniere Gianluca Colicchio, che ebbe in custodia Stefano Cucchi ed è stato sentito come persona informata sui fatti nell'ambito dell'inchiesta sui falsi nelle relazioni chieste dall'Arma dopo la morte del giovane. Colicchio sostiene davanti al pm Giovanni Musarò che la sua relazione venne modificata, per ordini superiori. 

"Il 27 ottobre del 2009 il maggiore Soligo mi chiamò, mi mise davanti una copia dell'annotazione di servizio su Cucchi non firmata e mi disse di firmare. La firmai ma rileggendola mi resi conto che era stato cambiato un passaggio importante, per cui feci presente al maggiore che non era l'annotazione che avevo redatto il giorno prima, non era 'farina del mio sacco' – dice come scritto nel verbale dell'audizione del 19 ottobre – Presi in mano il foglio che avevo appena firmato e dissi che non volevo che l'annotazione modificata fosse trasmessa perché ne disconoscevo il contenuto. Soligo cercò di farmi calmare, ma io non volevo sentire ragioni. In quel momento il maggiore stava parlando al telefono con il tenente colonnello Cavallo per cui me lo passò dicendogli 'il carabiniere è un pò agitato'. Parlai dunque con Cavallo, il quale mi chiese per quale ragione non volessi firmare l'annotazione e dissi a lui quello che avevo già detto a Soligo e cioè che non era 'farina del mio sacco' e ne disconoscevo il contenuto. A questo punto Cavallo mi evidenziò che rispetto all'annotazione che avevo redatto la sera prima, era stato cambiato solo un passaggio, ma io non volevo sentire ragioni perché mi ero reso conto che quella piccola modifica cambiava completamente il senso di quello che intendevo attestare. Per cui presi l'annotazione e la portai via". 

Gli interrogatori – Nei giorni scorsi gli inquirenti hanno interrogato Di Sano e il comandante della stazione Tor Sapienza e ne hanno perquisito le abitazioni. Sentiti come testimoni anche quattro carabinieri colleghi degli indagati tra i quali Gianluca Colicchio: anche lui in aula aveva evidenziato nei mesi scorsi anomalie contenute in una relazione di servizio sull'arresto di Cucchi da lui preparata.

Il 18 ottobre, gli inquirenti hanno interrogato per oltre sette ore il luogotenente Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza e indagato per falso ideologico nello stesso filone di inchiesta, legato alle presunte false ricostruzioni riportate sulla vicenda in alcune relazioni ufficiali dell'Arma.

Colombo ha definito la riunione del 30 ottobre 2009 nella quale si parlò della vicenda a una settimana dalla morte del giovane "un incontro tipo quelli degli alcolisti anonimi". E ha descritto in una telefonata, intercettata nel settembre scorso, quella riunione, cui parteciparono tra gli altri il generale dei carabinieri Vittorio Tomasone, il colonnello Alessandro Casarsa e il maggiore Paolo Unali: "Ognuno a turno si alzava in piedi e parlava spiegando il ruolo che avevano avuto nella vicenda Cucchi", ha detto nell'intercettazione riportata in atti depositati dalla procura nel processo in corso contro cinque carabinieri. 

Continua il processo ai cinque carabinieri – Durante l'udienza in Corte d'Assise, è stato sentito come teste Rolando Degli Angioli, il medico che visitò Stefano in carcere. "Aveva il volto tumefatto e lamentava dolori nella regione sacrale, con difficoltà a sedersi perché gli faceva male la schiena. Mi disse che si era fatto male cadendo dalle scale", ha spiegato il dottore, che, quando il giovane arrivo al carcere Regina Coeli, ne prescrisse il ricovero immediato. 

Tra i testimoni c'è anche il vicino di cella Pasquale Capponi. "Stefano era tutto nero, tumefatto, in faccia e sulla schiena, gli abbiamo dato una sigaretta. Aveva freddo gli abbiamo fatto una tazza di latte caldo", dichiara l'ex detenuto. L'uomo, sentito in Corte d'Assise, riporta inoltre il racconto di un altro detenuto, il cittadino tunisino Alaya Tarek, che aveva parlato con Cucchi in cella, il 16 ottobre del 2009, il giorno dopo l'arresto, e aveva provato a dargli conforto. "Stefano a lui aveva detto che erano stati i carabinieri a ridurlo così", aggiunge Capponi. 

Sono cinque i militari alla sbarra – Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro, Francesco Tedesco rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l'arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso.

Bonafede vede Ilaria Cucchi – Mentre il lavoro nelle aule prosegue, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si è recato nella prima Corte d'Assise e ha parlato brevemente con Ilaria Cucchi. "Ho detto a Ilaria che stiamo lavorando affinché casi come il suo abbiano giustizia e che questa arrivi in tempi brevi". "Stiamo lavorando per fare in modo che chi si rivolge allo Stato per avere giustizia possa averla in tempi brevi – ha aggiunto – Chi si rivolge alla giustizia deve sapere che la giustizia arriverà in tempi celeri e sarà una risposta di qualità. Non tutte le famiglie hanno persone con la determinazione di Ilaria Cucchi e non è giusto che chi chiede giustizia debba far conto sulla propria determinazione per ottenerla. Questo senza entrare nel caso specifico di Cucchi. Come ministro non posso entrare nel singolo caso e non voglio farlo".

 

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