Tiberio Bentivoglio e sua moglie non si arrendono. Dopo incendi e attentati continuano la loro battaglia. E la gente ha paura a entrare a comperare da loro
Ha denunciato chi gli ha chiesto il pizzo e sta perdendo sia il negozio (una sanitaria aperta 40 anni fa) che la casa. Tiberio Bentivoglio chiede aiuto alle istituzioni ma il suo grido continua a cadere nel vuoto. Questa mattina, ha provato di nuovo a farsi sentire organizzando una conferenza stampa nel suo negozio nel centro storico di Reggio Calabria.
Nel 1992, sei mesi dopo la seconda guerra di ‘ndrangheta, Bentivoglio denuncia la richiesta di pizzo. Iniziano i furti, gli incendi dolosi, le lettere con i proiettili (l'ultima a luglio 2017). E i processi, tutti archiviati. Bentivoglio e la sua famiglia combattono da decine di anni, da soli. E ora non ce la fanno più. Hanno scritto a tutti i governi che si sono succeduti in questi anni, compreso quello attuale. "Anche al Presidente della Repubblica e perfino al Papa. Nessuno ha mai risposto, conserviamo le cartoline postali di ritorno di ognuno di essi", racconta a La Presse.
Il calendario della famiglia Bentivoglio è segnato da date di dolore. Il 18 luglio del '92, "quando, fidandoci di un maresciallo dei Carabinieri, feci nomi e cognomi delle persone sospettate. Solo tre mesi dopo perquisirono le loro abitazioni in cerca della refurtiva e logicamente l’esito fu nullo". Il 5 aprile del 2003, quando una bomba devasta la sanitaria. Tutti assolti. Il 13 aprile del 2005, quando un incendio riduce in cenere il negozio.
Spiega l'imprenditore: "Cinque anni dopo, arriva la sentenza del giudice: parla non di estorsione ma di intimidazione e restituisce le carte alla Procura perché si proceda per tale reato. Ma nessuno ha proceduto e il PM è stato trasferito ad altra sede". Solo dopo tre anni arriva il primo acconto per rimpiazzare la merce bruciata. Nel frattempo i clienti sono andati persi. Nel 2007, un incendio doloso scoppia nel capannone "distruggendo tutta la merce che eravamo riusciti a comprare con il denaro ricevuto dal precedente attentato".
Il 9 febbraio 2011, tentano di ucciderlo con sei colpi di pistola. "Fortunatamente mi salvo rispondendo al fuoco con la mia arma legalmente detenuta. Sia ben chiaro: ho sparato per paura non per coraggio, gli eroi sono personaggi inventati e li vediamo solo in televisione". Anche la richiesta di essere riconosciuto vittima della criminalità organizzata, e' ancora senza risposta.
Sfrattato dal suo storico negozio perché non riusciva più a pagare l'affitto, per sette anni ha cercato un altro magazzino ma senza successo "perché nessuno fitta a chi ha denunciato la ndrangheta". Non c'era altra scelta che optare per un bene confiscato. Glielo hanno consegnato in condizioni pessime. Con la sua famiglia, si sono rimboccati le maniche e lo hanno rimesso in sesto. Una.volta sistemato, non c'era più nulla da esporre: incendio doloso al deposito. "Eravamo avviliti. Abbiamo chiesto aiuto ad alcuni amici e parenti e grazie a loro che siamo riusciti ad inaugurare questa struttura il 15 marzo 2016. Tutt’oggi non siamo riusciti a restituire il denaro prestatoci e proviamo non solo rabbia, ma anche tanta vergogna per non poterlo fare"
Ma i clienti non ci sono più anche perchè molti hanno paura a comperare dai Bentivoglio . Per non chiudere, sta chiedendo al Comune uno sconto sull'affitto. "Ancora nessuna risposta è arrivata". Intanto la sua casa è finita all'asta. La vendita è stata per il momento sospesa dal Tribunale di Reggio Calabria. "Abbiamo sempre la paura che da un momento all’altro si proceda. A Roma, in Commissione Parlamentare Antimafia ho fatto questa domanda: “Onorevoli Deputati e Senatori secondo voi, chi sarà l’acquirente ? Ed ecco il paradosso, lo Stato giustamente confisca le case ai mafiosi, ma gli stessi comprano le case di chi li ha denunciati".
"Nonostante sia rimasto zoppo, non ho alcuna intenzione di fermarmi o di rinnegare la mia scelta, per cui questo ennesimo grido di rabbia rappresenta ancora una volta una richiesta di aiuto rivolto a tutti gli organi di competenza, nessuno escluso. Denunciare è Democrazia, ma perdere tutto per averlo fatto, significa essere trattati peggio dei delinquenti".
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