La conclusione dell'authority guidata da Raffaele Cantone: tre imprese si sono spartire la gestione dei servizi nella Pa

C'è un nuovo risvolto nel caso Consip. L'appalto da 2,7 miliardi di euro per la gestione dei servizi nella pubblica amministrazione potrebbe essere stato truccato. Le conclusioni del rapporto dell'autorità Anticorruzione guidata Raffaele Cantone – anticipate del Corriere della Sera – portano alla luce un accordo tra tre aziende per spartirsi l’appalto per la gestione dei servizi nella pubblica amministrazione. Un cartello per escludere le altre. 

Le tre aziende nel mirino sono Anti Cns, Manutencoop e Kuadra, parte di Ati Cns. L'Anac ha scoperto che "Ati Cns ha presentato offerta per sette lotti di gara, mentre Manutencoop ha presentato offerta per cinque lotti di gara senza mai sovrapporre le proprie offerte". Riflettori puntati anche su Manital, che è stato escluso dall'aggiudicazione dopo aver vinto ma solo grazie a un ricorso al Consiglio di Stato.

"La probabilità del verificarsi di tale evento – conclude l'autorità anticorruzione – risulta essere evidentemente assolutamente marginale. Tale probabilità scende ulteriormente allorché si osservi la distribuzione geografica delle istanze dei due concorrenti nella quale si rileva una disposizione a scacchiera, con l'Ati Cns e Manutencoop che si sono spartite tutte le Regioni escludendo Campania, Calabria e Sicilia. Appare ragionevole pensare che per la gara Fm4 siano state adottate intese restrittive della concorrenza".

L'inchiesta vede tra gli indagati l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo e il funzionario Consip Marco Gasparri, che ha fatto richiesta di patteggiamento, entrambi accusati di corruzione. Inoltre sono due i fascicoli aperti dalla procura di Roma per la fuga di notizie sulla vicenda: uno è legato alle notizie relative ad atti istruttori di cui, a indagini ancora in corso, sono venuti a conoscenza organi di stampa. Qui rientrano le accuse al pm Henry John Woodcock, responsabile dell'inchiesta napoletana sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione, e la giornalista Federica Sciarelli, accusata di aver fatto da tramite per far arrivare al collega Marco Lillo gli atti pubblicati sul quotidiano 'Il Fatto' nel dicembre scorso.

Nell'altra indagine, quella legata alle informazioni giunte ai vertici Consip che erano a conoscenza di intercettazioni e pedinamenti in corso, rispondono di  rivelazione di segreto d'ufficio il ministro dello Sport, Luca Lotti, il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, e il generale di brigata dell'Arma Emanuele Saltalamacchia.

Risponde inoltre di falso il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, che secondo gli inquirenti avrebbe alterato in più punti l'informativa sulla quale si basavano buona parte delle accuse a Tiziano Renzi, padre del segretario Pd Matteo e indagato per traffico di influenze. E il vice comandante del Nucleo operativo ecologico Alessandro Sessa è accusato di depistaggio per aver mentito nel corso di un'audizione testimoniale con i pm.

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