L'esponente dell'associazione Luca Coscioni: "Spero di essere incriminato". Ieri l'addio a Fabiano in Svizzera

"Entrerò e racconterò quello che ho fatto, semplicemente: come ho aiutato Fabo a ottenere l'assistenza medica alla morte volontaria. Sarà poi compito dello Stato decidere se girare la testa dall'altra parte o assumersi le sue responsabilità". Così il tesoriere dell'associazione 'Luca Coscioni' Marco Cappato, parlando ai giornalisti di fronte alla caserma dei carabinieri di Milano dove si è recato oggi per denunciarsi per il reato di istigazione al suicidio, per aver accompagnato in Svizzera Dj Fabo per compiere il suicidio assistito. "Io penso che lo Stato debba assumersi la propria responsabilità – ha spiegato Cappato – perché la soluzione non può essere che se hai 10mila euro e la condizione di trasportabilità vai in Svizzera e se invece sei inchiodato al letto o non hai i soldi devi subire un suicidio nelle condizioni più terribili o subite una vita che non vorresti", perché, ha continuato l'esponente dei Radicali, "questo significherebbe continuare a fare finta di niente".

Questa mattina Cappato aveva annunciato il suo proposito su Twitter: "Oggi alle 14.45 vado dai Carabinieri a Milano ad autodenunciarmi per l'aiuto al suicidio di dj Fabo. Liberi fino alla fine".
 

"In Italia l'istigazione al suicidio è punita da 5 a 12 anni di carcere. Ma in questo caso non c'è stata alcuna istigazione, anzi abbiamo cercato di dissuaderlo fino alla fine; c'è stato aiuto, quello sì", precisa Cappato a Radio24. "Lui ha chiesto aiuto a me perché non voleva che le sue scelte ricadessero sulle persone che amava. Io l'ho aiutato ma non c'è stata alcuna istigazione, tutti gli abbiamo chiesto se volesse tornare indietro: lui non ha mai avuto ripensamenti, anzi. Era quasi innervosito da questo continuo richiamo alla possibilità di tornare indietro".

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