Al centro dell'inchiesta una gestione poco trasparente della banca

Sono 39 gli indagati che rischiano di finire a processo per la gestione di Ubi, la quarta banca italiana, nata dalla fusione fusione tra le banche di Brescia e Bergamo. Tra di loro c'è anche Giovanni Bazoli, come presidente dell'associazione Abpl, e la figlia Francesca, l'amministratore delegato di Ubi Victor Massiah, Emilio Zanetti, come presidente dell'associazione 'Amici di Ubi', il vicepresidente di Ubi Mario Cera,oltre al presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e all'imprenditore Giampiero Pesenti.

Per il procuratore di Bergamo Walter Mapelli, titolare dell'indagine, gli indagati in concorso tra loro erano a conoscenza dell'esistenza di un patto parasociale stretto tra le Associazioni ABLP e Amici di Ubi Banca, direttamente riconducibili a Bazoli e Zanetti, un accordo che permetteva di decidere l'alternanza negli organi di governo della banca, dirigendo con i loro voti l'assemblea dei soci.

Il patto parasociale, per la Procura di Bergamo, non sarebbe stato comunicato a Consob e Banca d'Italia, facendo intendere alle autorità di vigilanza che i vertici di Ubi venissero nominati con una naturale alternanza tra la componente bresciana è quella bergamasca. Invece erano le due associazioni guidate da Bazoli e Zanetti e a decidere i vertici del gruppo e a pronunciarsi anche su importanti questioni aziendali, non passando per gli organismi della banca. A Bazoli è anche contestato di aver ignorato il divieto di possedere cariche in due gruppi concorrenti come Ubi e Banca Intesa.

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