"Ci troviamo sempre davanti allo stesso quadro di irresponsabilità collettiva sancita per legge"

Le immagini, le parole e le frasi dopo i terremoti si somigliano tutte. Macerie, distruzione, dolore e poi le promesse. Tra queste ci sono sicuramente 'ricostruzione' e 'prevenzione'. Ma i drammi hanno la memoria corta e l'Aquila è lì a testimoniarlo. "Ci troviamo sempre davanti allo stesso quadro di irresponsabilità collettiva sancita per legge. I governi dormono un lungo sonno della ragione e nel corso degli ultimi decenni c'è stata una profonda ansia di edificazione". Chiaro e netto, l'ex ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, da urbanista cerca di tracciare una strada affinché si possano piangere meno morti possibili, anche se "ci vorranno almeno 25 anni".

A LaPresse dice: "Bisogna prima di tutto specificare che si è verificato un evento di portata enorme. La totale distruzione edilizia ha la sua causa dirompente nel sisma. Ma al di là di questo è necessario, ora o mai più, fare una riflessione seria, senza retorica e adeguare il patrimonio edilizio alla sismicità dei luoghi". Che in termini più semplici significa creare una carta completa dei comportamenti sismici dell'Italia visto che "esiste una conoscenza minuta delle zone pericolose, e della possibilità dei rischio".

"Più della metà del patrimoio italiano è indifeso e impreparato – tuona l'ex ministro – dobbiamo iniziare a mettere mano a una ricognizione generale iniziando dai luoghi più fragili". "Manca la volontà politica – sottolinea ancora Bianchi – e io non ho certo fiducia in questo governo. Dopo il Friuli c'è stata progressiva ansia di edificazione che è diventata un affare per effetto dell'aggressione delle società edilizie. Abbiamo urbanizzato tutto, in maniera irresponsabile".

Molti esperti ieri hanno parlato dell'opportunità di "mettere in catene" i nostri centri storici. "La catena – sottolinea il rettore dell'università telematica 'Pegaso' – è uno strumento efficientissimo, ma datato". L'unica via, quindi, è il censimento, per scongiurare un'altra Amatrice.

 

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