Insieme al 23enne altre nove persone sono finite in manette

C'è anche uno studente universitario tra le 10 persone destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per l'operazione 'Face off' del Compartimento polizia postale e delle comunicazioni di Milano. Per lui, 23enne rumeno incensurato, le manette sono scattate mentre discuteva un esame di informatica in Romania. Aveva talento con le cifre, e proprio la sua passione per i numeri gli avrebbe fatto guadagnare un ruolo di spicco nell'organizzazione criminale transnazionale specializzata in truffe online, utilizzo indebito di carte di credito, falsificazione di documenti, sostituzione di persona e furto di identità digitale di cui anche lui farebbe parte. Tutti rumeni tra i 40 e i 50 anni, degli altri nove in carcere è finita una coppia di marito e moglie residente a Erba in provincia di Como e un'altra a Piacenza.

Al momento due persone sono ancora ricercate, mentre altre due erano già in carcere a Vercelli e Monza e due sono state catturate con un mandato di cattura internazionale. Sono quasi tutti originari di Ramnicu Valcea, soprannominata 'Hackerville' d'Europa per il record di truffe online. Per parlare tra loro al telefono utilizzavano un linguaggio criptico: con il termine 'bottiglia' indicavano le carte prepagate, con 'cantiere' i conti gioco attivati per il riciclaggio del denaro e 'caffè' era il luogo virtuale nella rete internet in cui 'incontrarsi'.

A far partire l'indagine, che in Italia ha interessato Lombardia, Veneto e Lazio, è stata una signora vittima di truffa: ha presentato querela tre anni fa per il mancato recapito di un iPad acquistato sul sito techmaniashop.it. A questa sono state collegate altre 350 denunce per truffa presentate sul territorio nazionale. La donna, infatti, sui forum di prodotti high-tech ha cercato di convincere a denunciare altri utenti incappati nella banda rumena. E sarebbero almeno 3mila i casi accertati dalla polizia. Il modus operandi dell'organizzazione era sempre lo stesso: carpivano i dati degli utenti su siti internet di società realmente esistenti sul mercato, ad esempio la partita Iva, nomi e numeri di telefono da cui riuscivano a creare dei documenti di identità falsi di nazionalità danese, finlandese, ungherese o portoghese, e ottenere dall'Agenzia delle entrate, priva di ogni sospetto, i rispettivi codici fiscali con i quali aprivano carte di pagamento ricaricabili del tipo postepay.

Ai siti di e-commerce realmente esistenti copiavano la Url originale aggiungendo suffissi come 'shop', 'online', 'store', 'elettronica': in questo modo chi cercava un prodotto online, come ad esempio un tablet, inciampava in questi 'siti esca'. La polizia ne ha scoperti 49, e restavano in Rete per non più di trenta giorni ciascuno. L'utente, ingannato dall'omonimia del sito internet su cui aveva deciso di fare aquisti, versava i soldi sulle carte postepay dell'organizzazione criminale, che venivano fisicamente trasferite dall'Italia alla Romania. In questo modo i malviventi riuscivano a intascare non solo la cifra dell'oggetto 'venduto', ma anche il denaro rimanente sulla prepagata. Il tutto aveva fruttato al gruppo criminale almeno un milione di euro.

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