Milano, 28 dic. (LaPresse) – Oltre l’85% dei vini sparkling esportati nel mondo proviene da Italia, Francia e Spagna. Nel 2014 questi tre paesi hanno venduto congiuntamente oltre i propri confini più di 5,7 milioni di ettolitri di spumanti per un controvalore di 3,9 miliardi di euro. Le stime Wine Monitor sull’export 2015 indicano una crescita congiunta rispetto all’anno precedente dell’8% in volume e del 15% in valore per gli spumanti dei 3 top exporter mondiali, con aumenti più elevati per i prodotti italiani che passano da 840 milioni di euro a circa 990 milioni di valore all’export. Pur a fronte di questo progresso, il divario con i più “blasonati” sparkling francesi resta enorme: le esportazioni dei cugini d’oltralpe dovrebbero raggiungere i 3 miliardi di euro, di cui oltre 2,7 miliardi grazie allo Champagne. Molto più staccata la Spagna, con circa 420 milioni di euro di vendite oltre frontiera. D’altronde, i prezzi medi all’export sono più che eloquenti: 17,1 euro/litro per i francesi (25,3 €/litro nel caso dello Champagne) contro i 3,57 dei nostri spumanti (3,59 €/litro per il Prosecco, 3,42 €/litro per l’Asti) e i 2,55 degli spagnoli (3,11 €/litro i Cava).

Lo scatto delle esportazioni italiane è avvenuto proprio con la crisi economica. Nella ricerca di prodotti di qualità ma a prezzi più convenienti, i consumatori hanno rivolto la propria attenzione verso gli sparkling italiani a discapito dei francesi e da allora i nostri spumanti non solo hanno consolidato la propria posizione di mercato ma stanno continuando a crescere. Circa l’80% dei quantitativi esportati dall’Italia fa riferimento a spumanti Dop, al cui interno il ruolo di attore protagonista spetta al Prosecco che poi rappresenta il vero artefice di questo sorpasso ai danni dei francesi. Ha invece sofferto l’Asti che, al contrario, dal 2009 ad oggi è calato nei volumi venduti oltre frontiera di oltre il 30%. I mercati dove il Prosecco sta conoscendo un vero e proprio boom sono il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Svizzera, il Canada e i paesi Scandinavi mentre l’Asti sta subendo una riduzione delle vendite soprattutto in Russia, Germania, Stati Uniti e Giappone.

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