Milano, 22 dic. (LaPresse) – Svolta nel caso Bruno Caccia, procuratore di Torino ucciso il 26 giugno 1983 per volere della ‘Ndrangheta. È stato arrestato dalla squadra mobile di Torino uno dei presunti killer del magistrato nato a Cuneo nel 1917: si tratta di Rocco Schirripa, 62 anni di origini calabresi, arrestato a Torino, dove faceva il panettiere in borgata Parella, nella zona di corso Francia. Secondo gli investigatori della Squadra Mobile di Torino, guidati da Marco Martini, è stato proprio il panettiere 62enne a freddare il magistrato, ferito con 14 colpi di pistola, “sparandogli il colpo di grazia alla testa”, ha spiegato il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini, che ha coordinato le indagini. La svolta arriva a distanza di ben 32 anni dall’omicidio del procuratore, alla cui memoria è stato intitolato il Palazzo di Giustizia di Torino.
LE INDAGINI. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal sostituto procuratore Marcello Tatangelo, sono partite dall’esposto di un avvocato torinese. Gli investigatori della Squadra Mobile, che già sospettavano un coinvolgimento di Schirripa, hanno inviato una lettera anonima ai sospettati del delitto con una fotocopia di un articolo della Stampa che riportava la notizia dell’uccisione del procuratore di Torino con scritto a penna il nome del presunto killer. “Ai sospettati abbiamo inviato una lettera anonima con una fotocopia dell’articolo di 32 anni fa pubblicato dalla Stampa, con la notizia dell’ordine di cattura che poi ha portato all’arresto di Belfiore”, ha spiegato pm Tatangelo. Tutti i destinatari della lettera sono poi stati intercettati. “Non parlavano di amarcord dei tempi passati – ha aggiunto il magistrato – ma il problema era chi potesse aver rivelato qualcosa, e quello dell’indagato è l’unico nome che è emerso”.
“La loro unica preoccupazione era quella di capire chi avesse parlato – ha spiegato il procuratore facente funzioni di Milano Piero Forno – e i sospetti si sono concentrati proprio su Rocco Schirripa, che poi ha detto di aver fatto alcune confidenze a qualcuno”. La preoccupazione degli arrestati era tutta rivolta a capire “se Schirripa avesse rivelato anche dei dettagli compromettenti del delitto, come la disposizione degli uomini del gruppo di fuoco nella macchina” utilizzata per fare l’agguato al magistrato o altri dettagli che le indagini non avevano ancora portato alla luce.
Per l’omicidio di Bruno Caccia, sorpreso e ucciso dal gruppo di fuoco vicino a casa, in via Sommacampagna a Torino, era già stato condannato all’ergastolo il boss Domenico Belfiore, considerato sia il mandante che uno degli esecutori materiali del delitto. Belfiore, condannato all’ergastolo, è uscito di prigione pochi mesi fa per ragioni di salute. Schirripa, nato a Gioiosa Jonica ma da anni residente a Torrazza Piemonte, nel Torinese, all’apparenza era insospettabile. Scavando nel suo passato, però, sono emersi dei legami di parentela con la famiglia Belfiore, considerata ai vertici delle cosche al nord negli anni Novanta.
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