Di Laura Carcano
Roma, 24 nov. (LaPresse) – “Organizzare la formazione degli imam in Italia coinvolgendo le istituzioni culturali italiane? Sì, anche questo è un modo per combattere l’estremismo e l’integralismo islamico”. Parola del presidente delle comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) e del movimento Uniti per unire. Foad Aodi, che con Donatella Arezzini, coordinatore dipartimento istruzione dello stesso movimento, ha chiesto già di istituire “un album per gli imam in Italia con requisiti minimi da concordare con le autorità competenti, come conoscere la lingua e cultura italiana, la residenza in Italia da più di 5 anni, il diploma in teologia, esperienza certificata sul campo da almeno 4 anni”.
“Tutto questo – dice Aodi – per risanare una situazione in mancanza di una legislazione precisa e per creare le condizioni migliori per una predicazione di imam economicamente indipendenti e liberi intellettualmente”.
In Francia, Paese ancora sotto choc per l’ultima strage del terrorismo jihadista a Parigi, a lanciare la proposta è stato nei giorni successivi all’attentato il sociologo francese Michel Maffesoli, intervistato da LaPresse. Per Maffesoli, professore emerito di sociologia all’università Sorbona, e amministratore del Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) l’intervento dello Stato francese nella formazione delle guide religiose musulmane francesi può contribuire a “evitare che a finanziare la preparazione siano Saudita e Qatar ad esempio o da altri Paesi, che possono favorire degli imam estremisti”.
Maffesoli ha di recente dato alle stampe ‘La France étroite’ (‘La Francia stretta’). Il sottotitolo è: ‘Face à l’intégrisme laïque, l’idéal communautaire’ (‘Di fronte all’integralismo laico, l’ideale comunitario’). Al sociologo francese fa eco Foad Aodi in Italia, anche forte della manifestazione dei musulmani d’Italia a Roma contro il terrorismo, svoltasi sabato scorso al motto di ‘Not in my name’, iniziativa che proprio lui fra i primi ha contribuito a promuovere, lanciando l’appello a scendere in campo contro la violenza e il terrore degli estremismi.
“L’invito di Maffesoli ad accettare di collaborare con gli Stati arabi – dice il presidente Co-mai – e arrivare a ‘un modello di formazione universitaria degli imam con un percorso formativo accademico che contribuisca a dare una forma moderata alla loro predicazione perché con gli imam autoproclamati si crea una culla per l’estremismo’ è condivisibile. Maffesoli dà una vera fotografia della situazione dell’immigrazione in Francia che rispetto all’Italia è molto meno recente e diversa dal punto di vista geopolitico. Concordo che serve una soluzione politica coinvolgendo tutte le forze politiche e dei ministeri competenti”.
Nel caso delle moschee e degli imam in Italia – prosegue Aodi – come abbiamo proposto al ministero dell’Interno serve un censimento delle moschee regolari in Italia e un no a quelle fai da te per la tutela di tutti compresi gli stessi musulmani e per combattere la ‘moschea-fobia’. La nostra proposta è che si accettino solo diplomi universitari conseguiti in Italia o in università arabe riconosciute”.
Aodi pensa a un coinvolgimento istituzionale forte: “Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini – dice – può svolgere un ruolo importante per aprire una pagina nuova, istituendo corsi universitari per imam in collaborazione con i Paesi arabi e le moschee riconosciute ufficialmente. Sull’islamofobia, che può alimentare situazioni che si prestano a fare da terreno fertile per gli estremisti, giocano un ruolo determinante le dichiarazioni irresponsabili dei politici razzisti e dalla cattiva informazione”, dichiara Aodi che è anche focal point per l’integrazione per l’agenzia Onu-Unaoc e portavoce della Ride (Rete italiana dialogo euromediterraneo).
E dalla tentazione di una politicizzazione del tema dell’Islam, anche in chiave anti terrorismo, Aodi tiene a prendere le distanze: “La manifestazione #notinmymame – dice – non ha nessun carattere politico e non è una investitura politica per nessuno tra i politici di origine straniera”. “Chiediamo – è l’appello di Aodi – che la comunità islamica sia più unita e vada avanti oltre il nazionalismo ed il personalismo e che la grande moschea di Roma sia aperta a tutti. E’ necessario coinvolgere tutte le comunità senza distinzione di provenienza e simpatie”.
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