Milano, 23 nov. (LaPresse) – Pietro Barbini ha “il viso devastato dall’acido, così come il morale”. Gherardo Barbini ha descritto con queste parole l’effetto distruttivo dell’aggressione di cui il figlio è stato vittima il 28 dicembre scorso. Il lancio del liquido corrosivo ha modificato profondamente l’esistenza del ragazzo, che era ad un passo dalla laurea in Economia a Boston e solo dopo lunghi mesi di cure è potuto ripartire per gli Stati Uniti, dove ha ripreso gli studi con grande fatica.

Proprio il “blitz punitivo” contro Pietro – l’ultima azione in ordine di tempo contro gli ex amanti di Martina Levato – è valso alla ragazza e all’amante e complice Alexander Boettcher una condanna a 14 anni in primo grado. Adesso entrambi, insieme al presunto complice della coppia, Andrea Magnani, devono affrontare i processi per gli altri agguati all’acido messi a segno nel novembre 2014 contro gli altri ex della studentessa bocconiana.


Testimoniando al processo a carico di Alexander (che a differenza di Martina e Magnani ha scelto il rito ordinario) Gherardo Barbini ha ricordato di Pietro, che si aspettava di dover ritirare un pacco dono in arrivo dalla Francia, sia stato invece raggiunto da una ragazza con un cappuccio calato sul volto. La ragazza gli ha “lanciato addosso l’acido due volte”, incoraggiata da Boettcher, che la incitava da lontano. Solo dopo alcuni secondi, il broker 30enne si è lanciato all’inseguimento di Pietro, ormai quasi accecato dal liquido corrosivo, impugnando “una mazzetta da muratore”. La vittima, però, è riuscita a bloccarlo, slogandogli una spalla, e immobilizzarlo, in attesa dell’arrivo della polizia. Una sequenza durata non più di un minuto, ha spiegato in aula il padre della vittima, che inizialmente non si era preoccupato, perché aveva pensato “si trattasse di un gavettone fatto da amici buontemponi”, di “uno scherzo” da parte di “un ragazzo e una ragazza con felpe e cappucci in testa”.

L’uomo ha detto di aver capito la gravità della situazione solo quando ha sentito il figlio gridare “papà corri, corri, è acido!”. Dopo aver visto un filmato delle telecamere piazzate all’esterno di un palazzo di via Carcano, che mostrano anche un terzo ragazzo con una giacca gialla (probabilmente Andrea Magnani) sul luogo dell’agguato, il padre della vittima ha detto di non ricordare la presenza di un terzo complice.

Nel pomeriggio, dopo gli investigatori dell’Ufficio prevenzione generale della Questura di Milano che hanno indagato sulla vicenda, ha testimoniato un’amica di Martina, Elena Landriani. Le due ragazze si frequentavano da anni, ma quando Martina nel 2013 aveva iniziato a frequentare Alexander, “era cambiata, non era più la stessa” e proprio per via della relazione con quel ragazzo più grande si erano allontanate. “Martina mi diceva di essere innamorata – ha ricordato in aula l’amica – ma all’inizio pensava di non essere corrisposta”. Poi le cose tra lei e il broker si fanno più serie e “nel settembre 2014 mi aveva confidato di sentirsi più vicina a me, che ho un ragazzo da molti anni, e di voler fare una famiglia con Alexander”. Quel ragazzo, però, alle amiche di Bollate con cui Martina studiava, usciva, andava a ballare “indossando abiti scollati, abbastanza provocanti ed eccentrici” e con cui andava in vacanza a Londra o a Madrid, non piaceva proprio.

Boettcher poteva anche essere un bel ragazzo, come diceva Martina – ha spiegato in aula Elena – ma le foto che aveva postato su Facebook non ci piacevano. Era un tipo molto particolare, palestrato, tutto tatuato”. Un tipo d’uomo lontano da quello che le amiche pensavano potesse essere adatto a Martina, che prima di uscire con il 30enne era “socievole, amica di tutti” e poi si era chiusa in se stessa e si era allontanata dal gruppo.

Senza contare che nell’ottobre del 2014, alla festa di un’altra amica a cui sia Martina che Alex avevano partecipato, il broker aveva impedito alla ragazza di mangiare la torta “perché lei non poteva mangiare carboidrati dopo una certa ora” e l’aveva obbligata a baciare il gatto della padrona di casa, pur sapendo che la studentessa bocconiana non amava i gatti, per “obbligarla a vincere questa sua paura”.

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