Milano, 28 ott. (LaPresse) – Dopo cinque mesi nel carcere di Opera, torna libero Abdelmajid Touil, il 22enne marocchino arrestato con l’accusa di aver fatto da autista al commando che il 18 marzo scorso ha dato l’assalto al Museo del Bardo a Tunisi uccidendo 24 turisti, tra cui 4 italiani. Ma la libertà è durata solo poche ore. Il ragazzo, infatti, dopo che i giudici della Quinta Corte d’Appello di Milano hanno deciso di respingere la richiesta di estradizione avanzata nei suoi confronti dalla Tunisia, ha potuto assaporare per qualche istante la libertà, ma poi nei suoi confronti è iniziato il procedimento di espulsione, prassi applicata normalmente applicata ai clandestini.

Ad evitare che Touil fosse estradato, è stato il fatto che Costituzione italiana non prevede la pena di morte, perciò non è stato possibile trasferirlo a Tunisi sulla base di “semplici assicurazioni – hanno rilevato i giudici della Corte d’Appello – che non consentano di prevenire a conclusioni che garantiscano, in termini di assoluta certezza, il bene della vita”. Touil, dunque, deve restare in Italia. E anche la Procura di Milano, che durante questi mesi ha indagato sul passato del ragazzo accusato di strage e terrorismo internazionale, ha chiesto al gip Roberta Nunnari di archiviare il fascicolo aperto a suo nome. Gli investigatori tunisini, invece, in base ai racconti di un membro del commando del Bardo, avevano collocato il 22enne marocchino a bordo di un’auto che la mattina dell’attentato ha accompagnato uno dei mujahiddin al museo. Nel portabagagli, poi, c’erano anche delle cinture esplosive. La scheda sim acquistata dal ragazzo in Tunisia il 3 marzo scorso, inoltre, è stata utilizzata per contattare due terroristi. Una ricostruzione che Touil ha smentito punto per punto. Il 22enne ha ammesso di aver telefonato ai due jihadisti, credendo però di parlare con degli scafisti in grado di accompagnarlo in Italia. E proprio il suo arrivo con un barcone a Porto Empedocle il 17 febbraio scorso ora gli costerà l’espulsione. Touil, che è senza documenti, è stato prima portato in Questura a Milano e poi al Cie di Torino, in attesa di tornare in Marocco.

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