Di Denise Faticante

Città del Vaticano, 25 ott. (LaPresse) – Tutto improntato sulla misericordia e sul discernimento, secondo il volere e l’impronta di Papa Francesco. Il Sinodo sulla famiglia si chiude con un’apertura, inedita ed epocale sulla comunione ai divorziati risposati. Il passaggio chiave, che aveva tanto fatto discutere in queste tre settimane di lavori, è approvato con 178 placet e 80 non placet (il più alto numero di voti contrari registrato nelle votazioni). Il testo recita: “Pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi”.

RESTA NO AI MATRIMONI GAY. I gay invece devono aspettare. Infatti si legge: “Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, il Sinodo ritiene che non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. E dichiara “del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il matrimonio fra persone dello stesso sesso”.

TRATTARE GAY SENZA DISCRIMINAZIONE. “Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”.

APERTURA SU UNIONI CIVILI. Il timbro del ‘discernimento’ si evince anche sulle convivenze. “La scelta del matrimonio civile – si legge – o, in diversi casi, della semplice convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti”. Per il Sinodo, “in molte circostanze, la decisione di vivere insieme è segno di una relazione che vuole realmente orientarsi ad una prospettiva di stabilità”. Secondo i vescovi, “questa volontà, che si traduce in un legame duraturo, affidabile e aperto alla vita può considerarsi un impegno su cui innestare un cammino verso il sacramento nuziale, scoperto come il disegno di Dio sulla propria vita. Ora che è calato il sipario sul Sinodo, il cui cammino è stato caratterizzato, ma non interrotto, da veleni e fughe di notizie, inizia il vero cambiamento quello che di fatto Francesco ha già ottenuto. La Chiesa, per la prima volta nella storia, è uscita allo scoperto, con le sue divisioni e con le sue fragilità con le quali da domani, anche i ‘dottori della legge’ devono fare i conti.

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