Roma, 21 ago. (LaPresse) – “Credo di aver fatto solo il mio dovere. Sono un prete, non un poliziotto e nemmeno un giudice. Se una persona viene da me chiedendo di confessarsi, lo confesso; se un’altra si accosta alla comunione gli porgo l’ostia, non gli chiedo la fedina penale, se un signore mi chiede di celebrare il funerale di un suo congiunto lo celebro”. Lo scrive in un lunga lettera sul sito della parrocchia Don Bosco don Giancarlo Manieri, parroco della chiesa, dove ieri si sono svolti i funerali del boss Vittorio Casamonica. Il sacerdote risponde così alle “e-mail pervenutemi sul funerale al boss dei Casamonica, alcune con domande altre con insulti” scrive.
Rispondendo alle domande su quanti soldi fossero stati dati in offerta alla parrocchia per celebrare i funerali, il sacerdote scrive: “L‘offerta è stata di euro 50,00 (cinquanta non cinquemila)”. “Solo quando sono arrivati con circa tre quarti d’ora di ritardo sull’orario – continua don Manieri – ho saputo della carrozza con relativo contorno e anche dell’identità del defunto”. “Molti – aggiunge il parroco – mi hanno rimproverato di non aver bloccato il funerale a un boss che ne ha combinate più che Bertoldo. Ma se era così fuori norma, perché mai era a piede libero? Hanno aspettato la sua morte sperando che lo ‘arrestasse’ il parroco? Mio dovere è distribuire misericordia, m’insegna Papa Francesco. Ed è quello faccio”.
Don Manieri infine accenna al paragone con Welby, definendolo “non congruo”. “In quel caso – spiega – è intervenuto il vicario del Papa, assumendosene la responsabilità e ordinando al parroco di non celebrare il funerale. Welby, se non vado errato, era non più considerato cattolico. A me nessuno ha detto nulla”. “Pregare per un morto – conclude il parroco – chiunque esso sia, non è proibito. Anche per Welby, del resto, i salesiani hanno pregato e molto e la chiesa è rimasta aperta tutto il giorno”.

