Brescia, 18 ago. (LaPresse) – “Un buon investigatore, per essere tale, non si accontenta dei primi risultati ottenuti. Deve e vuole avere il quadro completo. Per un duplice omicidio così efferato, la motivazione addotta da presunti responsabili – la concorrenza commerciale – sembra banale, del tutto sproporzionata. Questa è una delle ipotesi, non è stata esclusa. Il nostro lavoro, il lavoro che stiamo facendo, è trovarne altre, formulare ogni possibile domanda e dare le risposte“. Quarantotto ore dopo i due fermi per l’assassinio di Franco “Frank” Seramondi e della moglie Giovanna Ferrari, uccisi una settimana fa nella loro pizzeria-pasticceria di Brescia, è il questore Carmine Esposito a ribadire che qualcosa sembra non tornare e che c’è da scavare ancora e in profondità.

DOMANI L’UDIENZA DI CONVALIDA. La speranza, dichiarata, è che siano i due fermati a integrare la confessione iniziale e a svelare quello che fino a ora potrebbe essere rimasto sotto la linea di galleggiamento. Il cittadino pakistano Muhammad Adnan e il complice indiano Sarbjit Singh, accusati di concorso in duplice omicidio premeditato, un’occasione per chiarire e aggiungere ce l’avranno domani, quando è in programma l’udienza di convalida dei fermi e saranno interrogati dal gip di turno.

NESSUNA PISTA E’ ESCLUSA. Intanto si battono altre piste e si esplorano scenari diversi – dall’usura a debiti contratti fuori dal circuito bancario, dagli incassi in nero al business delle licenze – tenendo il denaro come filo conduttore. I coniugi uccisi avrebbero avuto una grande disponibilità di soldi, contanti e non solo. Si parla di 700-800mila euro. Nella casa del figlio, perquisita di iniziativa dai detective della squadra mobile, ne sarebbero stati trovati centomila. Altri sarebbero saltati fuori, con l’aiuto dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria, scandagliando disponibilità e conti della coppia stessa, del commercialista e di un dipendente.

L’ARMA DEL DELITTO. Un passo avanti è stato fatto sul fronte del fucile a canne mozze fatto ritrovare dai fermati. Si tratta di una arma rubata. Ma nulla, anche in questo caso, viene dato per scontato. Per accertare che è proprio quella che ha sparato e ucciso, come sembra, il pm Valeria Bolici ha nominato un consulente tecnico.

LA DIFESA. Il difensore d’ufficio dei fermati, avvocato Claudia Romele, non ha ancora deciso se inidicarne uno di sua fiducia. “Carte in mano, su questo e sul resto, non ne ho molte. Lo valuterò con i miei assistiti, così come concorderò con loro come ci comporteremo all’udienza di convalida. Ci siamo incontrati due volte, ieri e oggi. Il cittadino pakistano riesce a farsi capire, in italiano. L’indiano non lo parla per niente. Abbaiamo avuto necessità di un interprete”.

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