di Maria Elena Ribezzo

Roma, 10 ago. (LaPresse) – Essere disposti a trasferirsi in ogni provincia d’Italia o dover rinunciare al posto. E’ la sorpresa che si sono ritrovate le decine di migliaia di insegnanti precari (quelli di ‘Fase B e C’ della graduatoria a esaurimento), che saranno assorbiti grazie alla riforma della ‘Buona scuola’. La domanda per l’immissione in ruolo scade il 14 agosto. Il modulo online chiede di selezionare, in ordine di preferenza, le province nelle quali si è disposti a trasferirsi. Peccato che sia obbligatorio sceglierne almeno 100, cioè quasi tutte. Altrimenti il tasto ‘prosegui’ scompare.

Torna così a infiammarsi la protesta dei docenti, che urlano alla ‘deportazione forzata’. “Hanno asfaltato la Costituzione, i diritti dei lavoratori, i sindacati non allineati, la scuola pubblica e i sogni dei giovani”, dice a LaPresse Silvia T., precaria nel Veneto da oltre 9 anni. “Non è vero che non siamo disposti a inseguire il lavoro – aggiunge -. Noi il lavoro lo inseguiamo da oltre 15 anni. La nostra proposta è quella di fare in modo che ci sia un piano pluriennale di immissione dove si è scelto di vivere e non con un ‘ricatto di deportazione’ a insegnare dove vuole il signor ministro di turno o il signor preside che decide se riconfermarmi dopo tre anni di lavoro”. Peraltro, denunciano, non si hanno notizie neanche sul diritto ad avere avvicinamenti in ragione della legge 104 o ricongiungimenti familiari.

Tanti docenti, per protesta, stanno boicottando la domanda. E a centinaia stanno inviando una cartolina alla sede del Partito democratico: ‘Pd addio! Non ti voterò mai più. Un insegnante’, si legge. “Anche i sindacati stanno facendo un’operazione di terrorismo psicologico – spiega l’insegnante -. Ci stanno convincendo che non inviandola perderemo il diritto al ruolo. Ma questo non è vero. Ci sono piani di pensionamenti da qui al 2022 per 250mila persone. I normali turnover, se non partecipiamo a questo piano folle di trasferimenti, continueranno a essere effettuati su base provinciale, come è sempre avvenuto”.

Risponde Antonio Cucinella, della segreteria regionale Flc (Federazione lavoratori della conoscenza) della Cgil Roma e Lazio: “La colpa non è nostra, ma di una legge sbagliata. Per ora non esistono certezze – spiega il sindacalista-. Fino a quando starà in piedi la graduatoria a esaurimento? Non lo sappiamo. Quando abbiamo chiesto al governo di aprire un tavolo per costruire un programma di reclutamento serio e ragionato, non ci hanno ascoltati. Quando una madre di tre figli che ha sempre lavorato a Roma, ma che è al 100esimo posto in graduatoria nazionale, viene da me piangendo perchè ha paura di essere spedita a Belluno, anche io le consiglio di riflettere bene prima di fare domanda. Allo stesso tempo però le dico di stare attenta, perché non inviando la richiesta potrebbe perdere il diritto all’immissione in ruolo”.

Al ‘rischio deportazione’, denunciano i docenti, si aggiunge poi quello ‘mafia’. Con la nuova legge “in pratica, ogni tre anni il preside decide qual è la sua squadra – spiega Margherita Franzese, insegnante di ruolo e presidente dell’associazione sulla scuola Illumin’Italia -. Questo principio nasceva dall’idea di incentivare gli insegnanti a lavorare meglio, senza considerare però le situazioni che possono vivere alcuni piccoli centri del sud Italia, in cui diciamolo chiaramente: si sente ancora pesantemente la presenza delle mafie”, dice. “Per questo – spiega – sono preoccupati anche tanti dirigenti scolastici, che potrebbero subire pressioni. Se ad esempio uno ‘sponsor’ vuol donare all’istutito una cifra importante, ma pone come condizione quella di dover far lavorare un amico, in questo caso, non tanto remoto, si verifica una pressione intollerabile”.

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